IL SEGRETO
di Yang Maoyuan
Il concetto generale di quest'opera è la “Permeazione”, argomento a me molto caro e che ho deciso di affrontare tramite la medicina cinese: essa, infatti, non rappresenta solo un insieme di farmaci o erbe curative, bensì una disciplina applicabile a diversi argomenti.
La medicina cinese e quella occidentale si basano su nozioni completamente differenti circa il trattamento delle malattie: la finalità della medicina cinese è la terapia ed il ripristino del flusso, una differenza specifica e derivante dal diverso background culturale.
All matters are visible consiste essenzialmente in un piccolo vasetto in ceramica lavorato a mano e con una bocca molto stretta. Questo piccolo oggetto non presenta particolari caratteristiche: per descriverlo, potremmo scegliere parole come "vasetto", ma anche "nave" o "fischio" (dato che emette un suono quando vi si soffia dell'aria all'interno). Durante la fase di produzione ho chiesto ripetutamente all'artigiano del quale mi sono servito di non svelarne a nessuno la funzione. Inoltre, per me, dal momento che non ha un uso specifico, non rappresenta davvero nulla.
In mostra, ho ammucchiato a terra un numero consistente di vasetti: chi lo desidera può prenderne uno e portarselo a casa (o una serie di essi, da installare seguendo le mie indicazioni, fornite con l'opera), contribuendo a sostenere i progetti del Fondo Malattie Renali del Bambino – ONLUS dell'Ospedale G. Gaslini. Le mille opere, pezzi unici firmati e numerati, potranno essere acquistate sia tramite ABC-ARTE che sul sito dedicato all'iniziativa. In tal modo, questi vasetti verranno diffusi in giro per il mondo da persone diverse: non si sa dove potrebbero andare a finire: alcuni potrebbero decidere di frantumarli, per scoprire cosa contengono, altri ci vorranno giocare, così come potrebbero decidere di non farci assolutamente niente se non conservarli, considerandoli semplicemente come un’opera d’arte: tutti i vasetti, però, manterranno intatto il loro profumo.
Per tornare alla domanda originale, ovvero “che cosa significa quest'opera e cosa ha a che fare la medicina cinese con il tema della "permeabilità", il collegamento sta nel fatto che questo piccolo vaso emana un forte odore: ed è proprio quest'odore, chiaramente percepibile per quanto assolutamente immateriale, a rendere questo oggetto così interessante e ricco di significato. Il trucco è che durante la produzione abbiamo inserito un materiale che crea questo profumo: un aroma rilassante che filtra, con un velo di segretezza, da un'oggetto insignificante e senza pretese. Se vi si guarda all'interno, il vaso risulta completamente vuoto. Se si vuole sapere cosa sia davvero a produrre la fragranza, si può pur sempre rompere il vaso, ma poi l'oggetto artistico “non è più”: l'opera d'arte è scomparsa.
Questi sono la prospettiva e l'atteggiamento con cui gli orientali affrontano la vita. La ragione per cui ho scelto di presentare quest'opera per coinvolgere il pubblico è perché era la più adatta per rappresentare quest'esperienza ed il mio punto di vista.
Inoltre, anche se il semplice aspetto esteriore è quello di un vaso grezzo, emette un suono, se insuflato: grazie a questa caratteristica, assume -senza pretese- anche le qualità di un fischietto.
Il titolo cinese dell'installazione è "Vaso". Penso che qualsiasi cosa possa rientrare nel concetto di "vaso". Tutti i vasi hanno un rapporto tra il loro esterno ed il loro contenuto interno: in sintesi, i due aspetti del Tutto.
La scelta del titolo inglese è forse più interessante: ho scelto di non utilizzare una traduzione diretta della parola "Vaso", in quanto avrebbe dato adito a possibili fraintendimenti. Rispetto a concetti troppo vaghi o sterminati, come ad esempio quello di "vuoto", preferisco le cose più solide e finite: per esempio, con una tazza, potrei voler rappresentare semplicemente una tazza, anche se ciò non gli impedirebbe di avere altri significati. Ecco perché ho scelto questa traduzione per la mia installazione, l'ho fatto nella speranza di riuscire a svelare un significato intrinseco all'opera, e quindi di rendere i fruitori ed i futuri collezionisti consapevoli del mio impegno e delle motivazioni che mi hanno mosso a crearla.
"All matters are visible", ovvero "Tutte le cose sono visibili" è un'allusione ai segreti nascosti all'interno del vaso e riprende, in sostanza, una delle intenzioni di questo lavoro, vale a dire il dimostrare che non ci sono segreti a questo mondo: se volete sapere la verità, quindi è necessario distruggere. Ma se si desidera conservare il vaso, allora non si può mai ottenere i segreti nascosti all'interno.
Ciò è ben esemplificato dall'aroma nascosto come un segreto all'interno del vaso che, proprio attraverso la profusione del suo profumo, si rende chiaramente tangibile, ed assume significato nella mente del fruitore.
Il profumo di erbe medicinali -l'olfatto- e l'oggetto fisico rappresentato dal vasetto -il tatto- sono stati così inestricabilmente fusi insieme. […]
Così va il mondo: "tutto può essere visto".
Tramite questa installazione, presente anche al Padiglione nazionale cinese della 54. Biennale di Venezia, vogliamo condividere il processo psicologico di ottenimento e perdita.
L'installazione che Yang Maoyuan ha riprodotto per ABC-ARTE è la stessa proposta per il Padiglione Nazionale Cinese per la 54. Biennale di Venezia.
Leggere ciò che non è mai stato scritto
A proposito di Yang Maoyuan e la sua arte
By Wang Jiaxin
Agosto 2006
Sheep:
"Cavalli e pecore sono legati all'uomo in un modo che non può essere trascurato in quanto hanno un collegamento più intimo con gli uomini rispetto agli animali; inoltre, hanno le stesse connotazioni sia nel contesto culturale orientale che in quello occidentale: giocano infatti un ruolo importante sia nella distruzione che nella creazione di civiltà".
È così che Maoyuan inzia a spiegare le sue sculture delle serie “Horse” e “Sheep”, entrambe inziate nel 2000.
Il suo lavoro a livello di produzione è stato mastodontico: dapprima si è recato a Xinji, una città molto lontana, nella provincia di Hebei, il più grande centro di distribuzione per articoli di pelletteria nel nord della Cina sin dall'epoca della Dinastia Yuan. [...] Dopodichè, nella quiete del suo studio, che ama chiamare "il deposito di grano", data la sua funzione passata, ha lavorato e cucito per giorni (il che mi ricorda un motto di Heidegger «Pensare è un lavoro manuale"), fino a riempirle d'aria in modo che i loro corpi diventassero gigantesche ed esagerate forme tondeggianti, questo perchè, come afferma Maoyuan, “Il cerchio è la forma definitiva.”
Per quanto riguarda i colori delle opere, Maoyuan ha sempre utilizzato colori molto forti ed accesi, dalla sorprendente profondità, ma la cosa che più ha impressionato critica e pubblico è che alcune pecore hanno due o tre teste: "L'arte deve avere una qualità sorprendente" ha affermato in proposito Maoyuan. Questa stessa affermazione è stata sorprendente, soprattutto in quanto non era una battuta: Maoyuan è infatti riuscito a trasformare cavalli e pecore in mostri irriconoscibili, ma soprattutto è riuscito a fare l'impossibile, ovvero manipolare le espressioni e gli occhi degli stessi con una forza disarmante, quasi stessero pensando a come salvare il mondo.
Quando queste opere furono esposte per la prima volta in una galleria di Berlino, in una mostra dal titolo Zero Gravity, alcuni critici tentarono di interpretare questo lavoro analizzando il concetto di tondo, mentre altri cercarono di assumere un punto di vista sotto la sfera culturale cinese. In realtà la spiegazione era assi più semplice: Maoyuan non avrebbe potuto creare questi lavori senza aver prima ben compreso la vivida esperienza di dolore fisico cui gli animali sono spesso sottoposti. La sua compassione per ogni vita sul pianeta, così come la sua estrema sensibilità verso l'osservazione più malinconica della "variazione delle specie" dovuta alla “pazzia” che governa la civiltà e la vita moderne, sono i reali motivi per cui è arrivato a concepire queste sculture.
A prima vista, queste opere sono molto statiche, è vero, ma finché ci troviamo di fronte a questi animali deformati, gonfi e senza peso, possiamo avvertire un potente colpo al cuore: quasi un grido silenzioso che si perde nelle nostre menti.
Queste sculture rappresentano ancora cavalli e pecore?
Questa domanda non è più necessaria: questa è arte, è l'apocalisse delle nostre stesse esistenze in un mondo sempre più inflazionato.
Tutto questo mi fa pensare alla frase con cui il poeta Joseph Brodsky conclude la sua introduzione al saggio di Osip Mandel'štam, Il Figlio della Civiltà: "Queste sono le nostre metamorfosi, i nostri miti”.
Wang Jiaxin: nato ad Hubei nel 1957, è un poeta di spicco della scena contemporanea cinese, nonchè critico e traduttore di poesia, tra gli altri di Paul Celan. Guadagnatosi la fama come uno degli esponenti più giovani e promettenti del movimento dissidente Misty Poets, è stato ampiamente tradotto in occidente e dirige la rivista Poetry dal 2005. Ha vissuto e lavorato in Europa ed attualmente insegna Letteratura Cinese alla Renmin University di Pechino.
Leggere ciò che non è mai stato scritto
A proposito di Yang Maoyuan e la sua arte
By Wang Jiaxin
Agosto 2006
Look Inside:
Nel 2005 Maoyuan ha sbalordito anche coloro che lo conoscevano meglio: ad un certo punto se ne saltò fuori con queste riproduzioni in marmo di un gruppo di antichi busti greci e romani, di quelle che si possono trovare comunemente nei negozi di belle arti. Lui, però, ci aveva lavorato sopra, rimuovendo il loro classico capello riccio e la barba, che le rendevano così stereotipate. Dopodichè procedette a levigarne i lineamenti: naso, sopracciglia, zigomi, mento e quant'altro. Intitolò la serie "Look Inside" e li espose subito. Questa serie di sculture attirò rapidamente molta attenzione. Un critico tedesco commentò: "Yang Maoyang [...] annulla le estremità, sinonimo della filosofia e degli atteggiamenti marcatamente caratteristici tipici degli europei. Nella cultura cinese, il tondo è sinonimo di perfezione, mentre gli estremi sono ritenuti volgari. Questa procedura, alla base della lavorazione di Maoyuan, trasforma il prototipo e lascia affiorare la differenza tra le due culture, arrotondando le sculture applicandovi la forza della bellezza e dell'armonia della filosofia cinese. L'atteggiamento contro-culturale dell'artista si oppone all'imposizione dei canoni di bellezza europei, ed allo stesso tempo è critico verso i metodi di educazione cinesi, volti allo stimolo del copiare tutto ciò che è occidentale.”
Questa recensione presenta diverse valide affermazioni e si avvicina al motivo primario che ha spinto Maoyuan ad elaborare questa serie scultorea.
Questo gruppo di calchi fu introdotto in Cina all'inizio del secolo scorso come basi per la formazione artistica dei giovani accademici, pertanto nel corso degli anni questi busti hanno finito con l'assumere un certo valore simbolico, per lo meno per gli aspiranti artisti. Maoyuan racconta che la sua conoscenza riguardo la storia dell'arte ed i concetti artistici -e quindi il contatto diretto con questo gruppo di sculture- ebbe inizio quando aveva 15 anni, alla scuola media di Dalian, ed è proseguita fino ai tempi dell'Accademia Centrale di Belle Arti di Pechino.
Nello studio di Maoyuan, questi calchi in gesso si trovano appoggiati a terra, curiosamente circondati da modelli di operai, contadini e soldati della rivoluzione culturale, oltre ad una statua dello scrittore Lu Xun: questo è sintomatico del fatto che la creazione di quest'opera rappresenti una vera e propria critica ed una riflessione sul concetto di arte stesso. Mi viene da pensare sia alla sua opera Food From the Cattle’s Stomach (Cibo dallo stomaco del bestiame, opera costituita da un tubetto di colore riempito con le interiora di una mucca) così come alla serie di dipinti dell'artista Wang Yin, che si basava sulla contemplazione delle prime opere ad olio del modernismo cinese.
Ma questo lavoro mi affascina anche e soprattutto per un altro motivo: i materiali. Maoyuan ha scelto di non utilizzare il gesso, tipico dei busti, per indirizzarsi invece verso marmo e bronzo. Questa scelta significa molto più di quanto possa apparire a prima vista, in quanto contiene una forte componente critica: questi materiali sono infatti insoliti per la tradizione artistica cinese, e tramite il loro utilizzo Maoyuan torna a sottolineare criticamente quanto gli artisti cinesi siano influenzati da quelli occidentali. È come se, così facendo, avesse combinato l'arma della critica alla critica delle armi: una provocazione.
Look Inside è stato un titolo inaspettato. Prima di tutto dà l'impressione che qualcosa debba essere fatto a pezzi o ripulito di una componente per potervi dare un'innocente ed infantile sbirciatina. Soprattutto, questo titolo denuncia una presunzione intellettuale: spesso, quando si guarda dentro, non vi si trova niente di niente... Ovviamente, è abbastanza difficile guardare dentro un blocco di solido marmo bianco. Non è così impossibile, invece, guardare dentro ad un artista attraverso un'opera. Ma questo dentro è allo stesso tempo aperto e chiuso: è qui che si trova la chiave di lettura.
Un piccolo esempio: 0509 è il numero di una stanza del Teda Hotel&Museum, un albergo che ha invitato Maoyuan ad eseguire un lavoro basato sull'arredamento di una delle loro stanze.
L'artista ha fotografato la struttura interna della stanza prima che venisse ammobiliata: questi dettagli interni sarebbero poi scomparsi dopo l'inserimento del mobilio. Ha poi incorniciato queste immagini, le ha coperte con della vernice così che rimanessero nascoste e diventassero invisibili. Infine, ha appeso le cornici ai muri della stessa camera 0509, ed ha intitolato il lavoro 0509.
Non ho mai saputo come l'hotel abbiano accolto l'opera, ma questo mi ha fatto ricordare una frase di Susan Sontag sulla fotografia turistica, parafrasando Mallarmé: "Ogni cosa al mondo esiste per finire in una fotografia".
Il fatto è che queste fotografie sono diventate nascoste. Per essere più precisi, è l'artista che le ha nascoste. Sono lì, solo che non si vedono: quest'opera è stata concepita con lo stesso principio che ha preservato il segreto dell'antico regno di Loulan, celato dal deserto per centinaia di anni.
Wang Jiaxin: nato ad Hubei nel 1957, è un poeta di spicco della scena contemporanea cinese, nonchè critico e traduttore di poesia, tra gli altri di Paul Celan. Guadagnatosi la fama come uno degli esponenti più giovani e promettenti del movimento dissidente Misty Poets, è stato ampiamente tradotto in occidente e dirige la rivista Poetry dal 2005. Ha vissuto e lavorato in Europa ed attualmente insegna Letteratura Cinese alla Renmin University di Pechino.
“Look Inside', la quarta mostra personale di Yang Maoyuan, curata da Wolf GuenterThiel, sottolinea alcuni punti salienti della produzione del cinese: 'Balloon' la grande scultura in pelle di pecora, la serie di statue in marmo 'Look Inside', ed un'opera -vedere per credere- la cui traduzione risulta “Cibo nello stomaco del bestiame”.
SH: Perché hai intitolato 'Look Inside' la tua serie di statue in marmo?
YM: Tutti sperano che il loro lavoro risulti vicino al proprio cuore. Tutte le mie opere sono ispirate da pensieri genuini, sinceri: le cose meravigliose risultano essere sempre quelle più difficili da descrivere. Di solito, scrivo i miei pensieri su un foglio formato A4 e lo incollo al muro, vicino alle opere: in questo modo spero che il fruitore riesca a guardare oltre l'aspetto esteriore. Per quanto riguarda la scelta del titolo per la mia serie di statue in marmo, proviene dai miei ricordi di quando ero bambino ed usavo giocare con l'argilla.
SH: Come nasce l'idea della scultura 'Balloon'?
YM: Il cerchio è la forma perfetta e le persone risultano sempre felici quando si trovano di fronte ad un cerchio. Il mio primo tentativo di questo tipo risale alla collettiva 'Fuck Off', che si svolse nel 2000 presso la Galleria Eastlink. In tale occasione si trattò di un cavallo-scultura fatto in pelle di vero cavallo: quando la gente ne tocca la pelle o la pelliccia, può sentirne l'energia che tuttavia vi risiede. Le mie sculture sono a metà strada tra un'opera d'arte ed un opera della Natura.
SH: Hai incontrato dei problemi dal punto di vista tecnico?
YM: Quando iniziai a lavorare sulla prima scultura, quella del cavallo, il processo è stato molto lungo: ho dovuto ordinare la pelle dalla provincia di Hebei, il fissante e la tintura da Pechino, mentre le pelli le ho dovute ricercare in diverse città. Mi ci è voluto più di un anno e mezzo per finire 40 pelli di cavallo.
SH: Che dire di “Food in the cattle’s stomach” (Cibo nello stomaco del bestiame)? Perché hai inserito l'interno dello stomaco di un bovino in un tubetto di colore ad olio?
YM: Mi ispirato ad un'esperienza del mio passato. Negli anni '80 mi recai nella provincia di Ningxia e, per la prima volta nella mia vita, ho assistito al macello di una mucca. È stato scioccante. Quando le sue interiora sono state rimosse, ho visto queste carni calde, verdi ed appiccicose. L'odore era fortissimo e mi ha aiutato a ricordarmi che fino a poco fa l'animale era vivo. Queste interiora, insieme alla mia arma preferita, ovvero i colori ad olio, hanno generato una sensazione speciale, e una risonanza particolare.
SH: Quella è stata, per te, una delle emozioni più forti, vero?
YM: Allucinante, un qualcosa che mi ha shockato e che, tradotta dalla mia opera, spero possa shockare anche il pubblico.
SH: Wolf, il tuo curatore, ti ha capito fin da subito?
YM: Il mio cavallo scultura esposto a Berlino nel 2001 attirò la sua attenzione. Fui sorpreso dal suo interessamento. Mi disse che non aveva mai visto niente di simile in Occidente. Ora che lavoriamo insieme spero di poterlo aiutare a raggiungere un livello di conoscenza successivo.
Cosa ti ha impressionato la prima volta che hai visto Yang Maoyuan e le sue opere nella mostra Fuck Off, nel 2001? E' poi cambiato, il tuo punto di vista su di lui, quando lo hai conosciuto meglio?
La prima impressione che ebbi del lavoro di Yang Maoyuan fu quella di forza, una forza che si basava su di una sagace metafora, il che risultò davvero nuovo per me. È venuto da me come se fosse un messaggero proveniente da un luogo ed un tempo dimenticati. E da allora, nella mia mente, così è rimasto. Più tardi, molto più tardi, siamo diventati amici, anche perché ero curioso di vedere quello che avrebbe seguito i suoi cavalli e le pecore. Quindi sono venuto a Pechino ed ho fatto la spola tra questa città e casa mia per quasi due anni on off, on off.
In quanto studioso occidentale, come ha interpretato il film sulla città di Loulan? Pensi che il contesto in cui ti sei formato possa essere coerente e possa coesistere con la logica di Maoyuan nella sua interpretazione di Lou-lan come di una città che viene inglobata dal deserto?
Lou-lan è stata una città molto importante per via della sua funzione di connettore tra la cultura dell'estremo oriente e quella europea, in quanto ha rappresentato un punto di mercato e di scambio ed uno dei luoghi di asilo per molti popoli dopo la caduta di Babilonia. Anche Alessandro Magno vi si recò durante i suoi viaggi. Lou-lan era un luogo ove il grado di tolleranza per le altre culture e le religioni diverse era altissimo: una perla posta lungo la catena di perle tra Cina ed Europa, che è stata riscoperta solo verso la fine del XIX secolo da studiosi europei. Nel corso dei secoli il deserto e gli agenti climatici hanno preso il sopravvento e l'erosione delle rovine è stata devastante. La Lou-lan del passato potrebbe essere un altissimo esempio di cultura, tolleranza e ricchezza allo stesso tempo.
Dal punto di vista di uno studioso occidentale, soprattutto se tedesco, come nel mio caso, il fatto che molti dei reperti siano andati distrutti durante la Seconda Guerra Mondiale rappresenta un'immane tragedia. Yang Maoyuan, invece, provenendo da una cultura differente non vive così questa perdita, così come le condizioni generali -molto basse- dello stato di conservazione del sito: riesce anzi a trarne una forte ispirazione ed a riversare questa potenza e questo sentimento nella sua pittura e nelle sue sculture grazie ad un modo del tutto personale di vivere e sentire la forza di una cultura e di un luogo a lungo dimenticati: lo spirito ed il senso estetico di Lou-lan sono fortemente presenti nei suoi lavori.
Sempre dal punto di vista di uno studioso occidentale, come interpreta le opere di Yang Maoyuan della serie "Pumped up horses"?
A prima vista le ho trovate scioccanti, allo stesso modo in cui rimasi impressionato dalle opere degli artisti inglesi della YBA negli anni Novanta: queste opere sono state uno dei motivi che mi hanno portato in Cina e che mi hanno spinto a curarvi la prima mostra, nel 2001.
Dopo aver compreso il reale simbolismo del cavallo nella cultura cinese, però, la prima idea che mi ero fatto a proposito di queste opere è cambiata completamente: ora mi rendo conto che rappresentano un richiamo della spiritualità cinese nella sua dimensione più arcaica: sono rimasto molto più impressionato dall'approccio metaforico di Maoyuan, una volta che ho imparato a conoscere la cultura cinese più a fondo.
Come pensi che Yang Maoyuan auto-interpreti le sue opere?
Nel 1979 Jean Francois Lyotard pubblica "La Condizione Postmoderna", ove afferma che è un priviligio riservato all'artista quello di essere il primo interprete del proprio lavoro. Se un'opera è molto forte la sua voce sarà ovviamente più comprensibile alla massa, ma l'opera d'arte rimane comunque aperta ad ogni tipo d'interpretazione a seconda della persona che la affronta.
A proposito del grado di apertura delle sue opere, anche il tuo punto di vista sulle sculture in marmo di Maoyuan è andato mutando nel tempo?
Il mio approccio di base è un'idea che potrebbe tornare utile ed essere riapplicata anche nei secoli successivi: ciò che ci è rimasto dai tempi dei romani e dei greci sono le sculture in marmo e l'architettura, e da li siamo partiti nell'interpretazione delle loro civiltà. Spero che anche le civiltà che troveranno le sculture di Maoyuan in futuro cercheranno di comprendere il perché del suo concentrarsi intorno ai volti affilati dei suoi busti.
Rispetto agli artisti contemporanei occidentali, trovi che Yang Maoyuan utilizzi una metodologia alternativa?
La differenza sta nel suo guardare alla storia in un modo spirituale ed olistico. Questo è un qualcosa che molto spesso manca nella cultura occidentale e che viene erroneamente confuso con un approccio esoterico.
Yang Maoyuan apre una porta al desiderio spirituale e religioso e lo fa in un modo il più aperto, personale ed individuale possibile. È soprattutto in questo approccio che trovo il suo lavoro molto diverso dagli artisti occidentali.
Wolf Guenter