La mostra, a cura di Daniele Capra e che si avvale del contributo critico di Leonardo Caffo, propone oltre una ventina di opere di Isabella Nazzarri: una summa del percorso svolto negli ultimi due anni dall'artista che si versa in una sempre vitale ed inesausta ricerca d'arte e che sperimenta con versatilità e sapienza svariati media che spaziano dalla pittura su tela alla scultura realizzata con materiali compositi. Perché Clinamen? Scrive Daniele Capra: "Nel poema De rerum natura Tito Lucrezio Caro trasferisce i principi dell'epicureismo in poesia traducendo con la parola latina Clinamen il sostantivo greco parénklisis, ossia la deviazione degli atomi nella loro caduta, che nella fisica materialista di Epicuro rende possibile l'indipendenza umana da ogni preordinato meccanicismo imposto dalla materia.
Il concetto di Clinamen garantisce quindi la libertà degli uomini da ogni forma deterministica, consentendo che la nostra volontà possa esprimersi in forma compiuta. Nella ricerca artistica della Nazzarri Clinamen spiega l'andamento creativo, fluido ed errante, caratterizzato da continui spostamenti e quotidiane deviazioni, in cui la libertà individuale è rafforzata dalla presenza di elementi di casualità dovuti alla condizione momentanea". L'esercizio del libero arbitrio in pittura - e in qualsivoglia altra espressione artistica - consente non soltanto il raggiungimento di un'autonomia di motivi ma anche la rigenerazione degli stessi ed il fluire di invenzioni intrise di enzimi sempre nuovi.
Clinamen dunque diviene principio movente dell'opera di Isabella Nazzarri e, in assoluto, sostanza del fare arte. Scrive Leonardo Caffo: "Platone caccia gli artisti dalla città perché in fondo, con millenni di anticipo, è già cosciente di questo potere dell'arte: nella sua dittatura illuminata, dove tutto è previsto e niente improvviso, la ricerca artistica è una potenziale mina vagante. [...] Isabella Nazzarri, con la sua ricerca continua della libertà, questo è evidente per esempio in modo esplicito nei disegni bidimensionali, avrebbe di certo fatto da paradossale buon esempio a Platone: cacciata dalla città, senza dubbio avrebbe educato gli esiliati ad andare con la visione ben oltre il modello di ordine calato dall'alto immaginato dal filosofo ateniese. È tutto qui il senso dei movimenti di Isabella Nazzarri, percorsi che non sono sentieri ma segnavia della possibilità di iniziare a chiamare il caso, molto più semplicemente, esercizio di libertà". La Nazzarri compone una suite immaginifica e polimorfa densa di audacie e di variazioni di colori e volumi.
La mostra si dispiega in tre movimenti ove l'artista concreta in modi mirabili il suo senso di bellezza. La Sala dell'aria raccoglie le ultime opere bidimensionali, lavori su tela e su carta dove segni più marcati e pennellata liquide si alternano liberamente conquistandone le superfici. La Nazzarri distilla palettes cromatiche narcotizzanti e disciplina con efficacia l'implacabilità dell'ansia gestuale attraverso un uso sapiente della pittura. Nella Sala dello specchio cromo e volumi si sposano: l'atto poietico torna nuovamente a far da padrone e pare cristallizzarsi nelle Monadi, ampolle nelle quali l'artista cola resine e colore. Le opere, caratterizzate da una grande libertà esecutiva, si svelano - e moltiplicano la loro malìa - agli occhi dello spettatore grazie alla presenza di uno specchio che mostra ciò che a prima vista è escluso. Come in un irriverente opus alchemico giungiamo infine alla Sala dell'oro dove la Nazzarri sperimenta inediti materiali giungendo a esiti di straniante poesia. La Sala accoglie difatti le Epifanie, rocce realizzate in poliuretano espanso e intinte nell'oro in cui il massiccio roccioso pare sublimare la sua intrinseca natura acquisendo un'iperbolica levitas. L'opera è un paesaggio aereo di meteoriti, una cosmogonia musicale e inattesa, una visione magica di mondi lontanissimi.
Serena Ribaudo
Isabella Nazzari, Sublimazione di una valle, 2017, 120x120cm, acrilico su tela