Primo contatto con Jerry Zeniuk
Quel “di più” abbiamo iniziato a sospettarlo con la citazione di Zeniuk incrociata sulle scale: «Color releases emotions, and the pictorial space is a non-judgmental place that frames and contains these emotions, so they may give access to a universal understanding». Tempo di leggerla e già sentivamo l’obbligo morale di riportarla tra queste righe. Così come ora avvertiamo quello di spoilerarvi che c’è la pennellata, oggetto di intenzione-azione pittorica. Mentre non c’è, pensate un po’, il cerchio.
Scale finite, la porta si apre davanti al desk della galleria. E a due lavori anni ’90 in cui il colore sposa una pennellata presente, convulsa e ritmata; unita a un senso per la campitura – per così dire – “piccato”, tanto da conferire un frazionamento serrato all’insieme; a fronte, comunque, di un certo “cedersi il passo” tra colori, che in alcuni punti vanno a contaminarsi l’un con l’altro. In realtà, il confronto tra quelle due tele – di lino, supporto d’elezione per Zeniuk – contiene già un passaggio netto, un ammorbidimento del tratto, così come della struttura pittorica d’insieme. Untitled n.208 del 1998 ha già perso buona parte della rigidezza evidente in Untitled n.147 del 1991. Indice che siamo sulla buona strada per raggiungere la sinuosità del cerchio.
Se volessimo fare un appunto sull’allestimento – e vogliamo farlo – sarebbe il seguente: i due pezzi di cui sopra fanno bella figura all’ingresso. Vero è che passare da questi, che sono poi la fase mediana del percorso cronologico presentato, non per andare avanti, ma per tornare indietro nel tempo – agli anni ’70 – nella sala (teoricamente) successiva, un po’ ci ha spiazzato. Va comunque considerato che quando si mette su un progetto, soprattutto con pezzi di grandi dimensioni, la conformazione strutturale degli spazi (e delle pareti) ha sempre l’ultima parola. Ubi maior minor cessat, c’è poco da discutere e solo da adattarsi. Mettetela così: non è puntiglio fine a se stesso, vi abbiamo solo avvisato.
Jerry Zeniuk - How to paint - installation view - courtesy ABC-ARTE e l'artista
Dalla mono alla poli-cromia
Gli anni ’70 introducono la camuffata monocromia di un camouflage monocromatico. Ma andiamo con senso, non prima di ricordare le regole del gioco: le opere si guardano dal vero e, sottolineiamo, con attenzione. Essere sbrigativi non paga.
Nelle tonalità scure, Zeniuk adotta un mix tra olio e cera, creando texure granulose che muovono le superfici. E lavorando, in questo modo, la pittura su più livelli di percezione. Di texture in texture, il piccolo Untitled n.85 – già del 1981 – è in fase di lancio verso un’evoluzione, con la sua sotto-struttura irregolare, quasi una sotto-narrazione fatta di morbide campiture dal leggerissimo effetto camouflage. È da questo effetto che Zeniuk forma la sua pelle monocroma.
È da questo effetto che si va verso le campiture degli anni ’90. Di cui abbiamo già trattato, e che ci accompagnano dritti ai primi anni Duemila. A due sale di distanza dall’ingresso arrivano i mitici pois. Forma geometrica che, prima di assumere una precisa identità alla Zeniuk, ha fatto proprio l’orfismo di Robert Delaunay; l’effetto di quest’ultimo sul nostro è quantificato nel palpabile ritmo geometrico-concentrico di Untitled n.295, evidente ricerca di un’interazione cromatica utile a scandagliare il potenziale percettivo della pittura.
Non casualmente, Untitled n.295 è di fronte al pendant formato da Untitled n.338 e Untitled n.349. Posteriori di circa un decennio, pienamente Zeniuk nella fusione tra una pittura che non disdegna la sua funzione decorativa, e una superficie composta da pochi – ragionati – elementi. Una complessiva definizione analitica determinata anche da particolari come lo spessore della tela nudo: dai lavori anni ’70 a quelli più recenti, una costante che non illude nell’alludere a un superamento della bidimensionalità della tela.
Jerry Zeniuk - How to paint - installation view - courtesy ABC-ARTE e l'artista
Una pittura di elementi sinceri e sintattici
Tela. Le quattro lettere magiche di una superficie autentica. Tutt’altro che magica. Una superficie sincera, che non ammette intermediazioni esterne da sé; a cui la pittura si attacca addosso, concentrandosi in un’epifania generale di materia e tecnica. È qui che la cosciente lucidità di Zeniuk prende peso, producendosi nell’organizzazione delle inconfondibili forme cromatico-circolari.
Tuttavia, a interessarci adesso è quella stesura bianco-grigiastra che fa loro da collante. Non un fondo, non nel senso di una costruzione prospettica, qui del tutto assente. Piuttosto un soggetto, un complemento materico e materiale che rimbocca la sperimentalità di molte produzioni, talvolta ridefinendo/coprendo/spostando alcuni dei suoi pois. Lasciando, così, la facoltà d’immaginare che il background analitico di Zeniuk possa ratificare la liceità del ripensamento. O, per converso, non estromettere lo stesso ripensamento dall’essere parte attiva della composizione, elemento di un percorso visivo radicalizzato all’estremo.
La coerenza analitica del sistema grafico/cromatico di Zeniuk si misura anche così, attraverso lavori che fondamentalmente sono brani autografi in cerca di una definizione sintattica valida e universale. Definizione che non arriva sempre al primo colpo, richiedendo talvolta rimodulazioni oggettive, maturate in un impianto pittorico altrettanto oggettivo. Dove il pois colorato è elemento attraente, sul pezzo, utile ad appagare le velleità mainstream del contemporaneo. Ma anche frutto di un ragionamento solido.