L'AGENDA DELLE MOSTRE DA VEDERE QUESTA SETTIMANA
Disegno, pittura, scultura, video e performance ma anche suoni e parole. L'arte in 10 appuntamenti, da Nord a Sud, in tutta Italia
Silvia Airoldi, Elle Decor, June 29, 2024
L'agenda delle mostre di questa settimana si districa tra la molteplicità dei mezzi espressivi dell'arte contemporanea. Un'artista invita a 'tendere l'orecchio' per percepire in modo sinestetico quello che ha trasformato in una poesia del vivere urbano, guardando oltre l'apparenza e ciò che sembra ovvio. La pittura di precisione, lenta e meditativa, di un altro artista suggerisce domande sull’impossibile staticità del pensiero umano, ma anche una riflessione sulla fine. Tra le proposte di giugno si inserisce il progetto espositivo di un interprete contemporaneo interessato a trasmettere, attraverso la sua pratica identitaria, un profondo senso di connessione con la terra e la storia del suo paese. E ancora, un'artista indaga le emozioni e la comunicazione corporea attraverso i bambini, pensati come metafore di universalità, mentre un altro artista e performer si interroga sul tema del tempo. Gli appuntamenti di questo mese proseguono con un'esposizione dei lavori, di maestri della fotografia e autori importanti, incentrati al tema del mare nelle sue molteplici declinazioni e sfaccettature. Spiccano, poi, le opere di un artista il cui 'realismo-astrattismo' lo ha reso celebre, artefice di una pittura, difficile e rigorosa, che restituisce le forme nello spazio attraverso le proporzioni di colore e luce. La selezione delle mostre di fine giugno di Elledecor.it include l'esposizione dedicata a una delle artiste più significative e influenti del XX secolo, che popone una raccolta dei suoi disegni e sculture. Allo stesso tempo, un interprete contemporaneo rivela, in un nuovo progetto espositivo, la sua ricerca, che mescola registri differenti, decontestualizza gli oggetti d’uso portandoli dentro gli spazi museali. Infine, un artista, la cui poetica è orientata alla commistione fra cinema e documentario, sceglie un altro mezzo espressivo, la fotografia, per raccontare il suo lavoro.
Liliana Moro. Andante con moto, Milano
Gli spazi del PAC Padiglione d’Arte Contemporanea accolgono la personale di Liliana Moro, curata da Letizia Ragaglia e Diego Sileo. Il progetto espositivo, rinnovato rispetto alla tappa iniziale al Kunstmuseum Liechtenstein, presenta una selezione dei lavori che l'artista milanese ha realizzato dagli anni Ottanta a oggi, alcuni dei quali riallestiti per la prima volta in questa occasione e altri inediti, concepiti espressamente per il PAC. In particolare, "Andante con moto" approfondisce un aspetto specifico della ricerca di Moro, il suono, che diventa materia, confermando il ruolo centrale nella pratica dell'artista e il suo utilizzo fino dagli esordi. Le opere dell'artista si rivelano coinvolgenti, invitando il pubblico a porsi in ascolto, a compiere azioni nello spazio, alzare lo sguardo, camminare sui frammenti di vetro. Più in generale, l'attività artistica di Moro si compone di fasi diverse in cui ha esplorato altri mezzi espressivi oltre al suono, come le parole, la scultura, la performance, il disegno, il collage, dimostrando una particolare attenzione per lo spazio. Partendo da oggetti e situazioni del quotidiano l'artista ha realizzato opere che suggeriscono di guardare oltre l'apparenza e quello che sembra, solo a un primo sguardo, ovvio. Il suo linguaggio è essenziale e diretto, con il quale mette in scena una realtà cruda e insieme poetica. "Andante con moto" è un invito a sentire ciò che ci circonda, non solo attraverso l'osservazione ma anche tendendo l’orecchio per percepire in modo sinestetico quello che l'artista ha trasformato in una poesia del vivere urbano, dove oggetti e paesaggi sonori evocano la bellezza della vita reale. Fino al 15 settembre.
Aldo Sergio. Guardare negli occhi un coniglio, Milano
La galleria Tommaso Calabro presenta la mostra "Guardare negli occhi un coniglio" di Aldo Sergio, che espone due nuove serie di lavori, iniziate nel 2020, naturali evoluzioni della sua ricerca artistica di oltre dieci anni. Quella di Sergio è una pittura di precisione, lenta e meditativa. La serie 'Ode To Zero' è una riflessione sugli inizi e sull’impossibile staticità del pensiero umano. I dipinti raffigurano tavoli di legno parzialmente nascosti da tovaglie bianche decorate, in modo sorprendentemente dettagliato, con pieghe e merletti, sintesi della tecnica virtuosa dell'artista e di un contenuto dal significato metaforico. La loro presenza, infatti, spinge lo spettatore a porsi domande su quello che non compare ed è assente, a immaginare quali momenti, tra le infinite possibilità, potrebbero consumarsi su quelle stesse superfici bianche. Da una pittura in cui l'artista opera di sottrazione, si passa, nell'altra serie 'At Last', alla riduzione al grado zero. In questo nucleo di dipinti, Sergio rappresenta sulle tele oggetti e vissuti del quotidiano, legati a memorie dell’artista o recuperati da immagini prese dal web, de-saturandone i colori e facendo in moda di appiattirne i contrasti, fino a renderli il più possibile vicini al bianco. Facendo riferimento al fenomeno dell’optografia, il processo che recupera l’ultima immagine registrata dall’occhio prima della morte, la serie 'At Last' si rivela una riflessione sulla fine. Ognuna di queste opere nasce da un lungo e lento lavoro di creazione, nel quale ciascuna tonalità di colore è attentamente dosata per rendere l’immagine visibile, ma solo dopo averla messa a fuoco e solo per un attimo. L'artista riesce a restituire un’immagine viva e sfuggente, proprio come è difficile guardare dritto, negli occhi, un coniglio. Fino al 14 settembre.
Zé Tepedino. Fresta, Milano e Genova
La galleria ABC-ARTE ospita la prima personale in Italia di Zé Tepedino, a cura di Domenico de Chirico, presentando una selezione dei lavori dell'artista brasiliano pensata per entrambe le sedi espositive di Genova e Milano. Nella concezione di Zé Tepedino è centrale l'idea della poetica autoctona, espressione della cultura, delle tradizioni, delle peculiarità, delle credenze e delle mitologie di un popolo, per trasmettere, attraverso la sua pratica autentica e fortemente identitaria, un profondo senso di connessione con la terra e con la storia del suo paese. Partendo spesso dall'osservazione di ciò che lo circonda, nelle sue esplorazioni quotidiane a Rio de Janeiro, Tepedino incontra materiali, spazi e situazioni elementari che sceglie di rivisitare poeticamente, di riorganizzare o porre in evidenza. Lo fa ricombinando i diversi elementi che trova, mediante operazioni congeniali e l'utilizzo di tecniche differenti, come il cucito, l'assemblaggio, la pittura e la scultura, con l'intenzione di creare arrangiamenti, sempre diversi e sorprendenti, che possano rivelare una nuova percezione di tutto quello che sembra a noi già noto. Il proposito dell'artista è di esplorare infinite possibilità di vedere, leggere e vivere il mondo che ci circonda, così come di indagarne tutto il potenziale semantico. Considerando che per Tepedino quando oggetti e materiali perdono la loro funzione pratica acquisiscono un valore poetico, il raccogliere oggetti trovati casualmente orienta la sua attenzione su tutto ciò che a prima vista non è visibile e che probabilmente è destinato a scomparire. Nella selezione di volumi, forme e tonalità e nel giocare fluidamente con la densità dei materiali, l'artista riesce ad annullare la tensione che intercorre tra duro e morbido, geometria e organicità, urbano e natura, generando nuovi e possibili significati, all'insegna di un viaggio verso orizzonti ancora da esplorare. "Fresta", termine portoghese che significa fessura, si propone come un progetto caratterizzato da tagli precisi, fenditure attraverso cui si può scorgere un paesaggio fantastico. Questo attraversamento punta all'astrazione per trasportare in una dimensione particolarmente indefinita, dove forma e dimensione, acquistando un'autonomia sempre maggiore, danno origine al dispiegarsi di una nuova ricomposizione poetica della realtà. Fino al 14 settembre.
Andrea Bianconi. 0-24, Magnano (Biella)
Per la prima volta il confronto con uno spazio espositivo sacro e, quindi, il tema del tempo. È "0-24", l'ultima mostra che Andrea Bianconi presenta all'interno della chiesa di Santa Marta a Magnano. Nell'edificio religioso convivono due dimensioni del tempo, quello infinito e legato all'eternità, che deriva dalla convinzione della fede, e quello circoscritto, connesso al passare delle ore, scandito per secoli dal suono delle campane. Le opere di Bianconi installate all'interno della chiesa, per cui sono state concepite, creano volutamente un cortocircuito tra le due dimensioni temporali. Una grande freccia retroilluminata, posta sopra l'altare e puntata verso l'alto, esplicita il concetto di aspirazione verso un infinito. Le tele, collocate all'ingresso, su cui l'artista vicentino ha dipinto l’intera sequenza degli anni, dall’anno zero al 2024, volutamente non in ordine cronologico ma casuale, interpretano un'idea fluida del tempo, la sua non linearità. Fanno da controcanto, in questo dialogo artistico, altre due installazioni ospitate nella navata, delle scatole-contenitori di tempo, in lastra d’alluminio forata e retroilluminata, su cui sono impressi in ordine sparso i numeri, da 0 a 24, indicatori delle ore di un giorno, che introducono un altro fattore legato al tempo, quello della luce. Per Bianconi Il tempo, pur nella sua imprendibilità e transitorietà, rimanda a un'idea di dono, di uno spazio in cui abitano passioni, amori e nel quale si può trovare un lenimento anche al dolore. Il percorso espositivo include anche un momento di 'pausa': due tele, dietro l’altare, su cui sono disegnati fiori a inchiostro, rendono omaggio all’immagine della Madonna dipinta da Jean Claret nel quadro sulla parete absidale. "0-24", coerentemente con la ricerca dell'artista orientata all coinvolgimento degli spettatori, è un invito a vivere una esperienza visiva che è anche di meditazione e allo stesso tempo ludica. Fino al 14 luglio.
Nicky Hoberman. Unfinished Business, Pietrasanta (Lucca)
La mostra che inaugura alla Galleria Bonelli, a cura di Gianni Romano, è incentrata su Nicky Hoberman, artista inglese nota per le sue opere in cui ritrae bambini e bambine con volti sovradimensionati rispetto alla loro figura, dallo sguardo preciso e penetrante ma mai seducente, e con sfondi piatti nei quali non si riconoscono i luoghi né si riesce a capire se si tratti di esterni o interni. Nella sua ricerca artistica, Hoberman indaga le emozioni e la comunicazione corporea attraverso i bambini, pensati come metafore di universalità. L'artista parte da frammenti di realtà, non di fantasia: elabora foto polaroid fatte ai figli di amici e familiari, le reinterpreta utilizzando la pittura secondo il suo stile, che va dalla precisione fotografica ad uno sfocato d’autore, come scrive Romano nel testo critico che accompagna la mostra. In particolare, i lavori più recenti di Hoberman si caratterizzano per il bianco abbagliante dello sfondo, che sostituisce i colori accesi, allontanandosi da dipinti fotografici “statici e intasati senza aria”, precedenti. La linea del colore emerge maggiormente, realizzando un ibrido tra disegno e pittura invece di creare un ponte tra fotografia e pittura, come dichiara la stessa artista, “cerco l'immediatezza, la leggerezza, l'ariosità del disegno. Voglio che la tela respiri e che lo spettatore abbia lo spazio per proiettarsi nell'immagine". Ne è un esempio l'opera "ButterflyEye Ball", ventisei tele bianche di piccolo formato che se, a un primo sguardo, ricordano il volo di tante farfalle colorate, in realtà avvicinandosi si rivelano dei volti ottenuti con pochi tratti colorati e veloci che disegnano occhi, nasi e bocche. “La tela diventa uno spazio di possibilità, proprio come la pittura, un luogo di crescita in cui artisti e pubblico misurano le differenze tra realtà e apparenza”, commenta il curatore. Nella pratica dell'artista inglese ha un ruolo importante anche la giocosità, che compensa l'intensità emotiva più cupa delle sue figure. Lo provano i colori vivaci, che ricordano le caramelle o i giocattoli, gli animali come gattini, cuccioli, galline e anatre, così come i titoli delle opere che alludono a metafore fantasiose. "Unfinished Business" continua anche nella sede della galleria, in via Nazario Sauro 56, con opere di grandi dimensioni della fine degli anni Novanta. Fino al 28 luglio.
Profondo come il mare. La collezione di Rita e Riccardo Marone, Senigallia (Ancona)
Nel contesto estivo di Senigallia Città della Fotografia, la mostra "Profondo come il mare", ospitata nelle sale di Palazzo del Duca, si focalizza sulla collezione di Rita e Riccardo Marone della quale propone una selezione di lavori fotografici che ruotano intorno al tema del mare, nelle sue molteplici declinazioni e sfaccettature. Il progetto espositivo, a cura di Angela Madesani, riunisce circa 80 immagini, di piccolo e grande formato, prevalentemente realizzate in analogico e pochissime in digitale, realizzate negli ultimi cento anni. Collegamento tra la città marchigiana e le origini del collezionista Riccardo Marone, nato e cresciuto in una casa affacciata sul golfo di Napoli, il mare si rivela nell'esposizione un tema trasversale. Negli scatti esposti, a volte compare solo come sfondo, altre volte è un protagonista di primo piano; comunque il mare unisce lavori che non sono organizzati in sezioni specifiche, ma piuttosto posti in dialogo secondo criteri estetici e concettuali all’interno di macro-aree dedicate ai temi della fotografia artistica, autoriale, del reportage sociale, del documentario, del nudo e dell’attualità. Tra i lavori esposti si inseriscono quelli di maestri della fotografia e artisti importanti, come Luigi Ghirri, Mimmo Jodice, Franco Fontana, Gianni Berengo Gardin, Nino Migliori, Henri Cartier- Bresson, Martin Parr. "Profondo come il mare" ha una doppia valenza, come dichiara la curatrice: “la prima è legata all’ambito storico-collezionistico, la seconda, di matrice iconografica, è legata alla storia della fotografia”. Fino al 13 ottobre.
Luciano Ventrone. Il pittore dell’iperbole, Viterbo
Protagonista della mostra che ha aperto negli spazi del Centro Culturale di Valle Faul è Luciano Ventrone, artista italiano tra i più riconosciuti sulla scena internazionale. Il progetto espositivo, che riunisce più di 30 opere dell'artista, dal periodo astratto degli anni Sessanta fino alle più celebri e recenti nature morte, nasce da un'idea di Vittorio Sgarbi per cui l'artista “è il pittore dell’iperbole. E iperboliche, esagerate, barocche, appunto, sono le sue opere, piuttosto che iperrealistiche. Ventrone esagera, perfeziona il reale, anche nelle sue imperfezioni. E ci costringe a fare i conti con immagini che non ci avrebbero, al di fuori della sua interpretazione, interessato”. In particolare, Ventrone, che fu definito da Federico Zeri “il Caravaggio del XX secolo”, lavora direttamente dalla fotografia riuscendo a cogliere nelle sue opere particolari che l'occhio difficilmente riesce a percepire, creando mondi espressione di vissuti ed emozione. Se nella scelta dei soggetti dei suoi lavori l'artista può essere avvicinato ai grandi pittori del passato, l'attenzione per l’applicazione della pittura, le modalità di trattare il colore e la luce lo collocano tra i contemporanei. La pratica artistica di Ventrone, iniziata negli anni Sessanta, è stata segnata dalla sperimentazione, passando dalle rappresentazioni geometriche all’astrattismo, dal surrealismo alla pittura informale e all’arte programmata. Poi, gli anni Ottanta segnano una svolta, con una poetica orientata allo studio della natura, interpretata attraverso una sorta di 'realismo-astrattismo' che lo ha reso celebre. La sua pittura, lenta, difficile e rigorosa, non è solo pura rappresentazione dell'oggetto, ma del colore e della luce le cui proporzioni, mirabili, originano le forme all'interno dello spazio. Fino al 29 settembre.
Louise Bourgeois Rare Language, Napoli
Dopo le aperture in alcune sedi museali, di Roma e Firenze, prende il via un altro progetto espositivo dedicato a Louise Bourgeois, tra le artiste più significative e influenti della scena contemporanea. L'artefice è Studio Trisorio che presenta 35 disegni, realizzati da Bourgeois nel periodo dal 1947 al 2008, e 4 sculture in bronzo espressione della sua ricerca lungo un ampio arco di tempo. A ispirare profondamente la pratica dell'artista francese sono le sue memorie autobiografiche, dall’infanzia trascorsa a Parigi al rapporto con la madre e il padre, che non hanno mai perso il loro mistero, la loro magia e il loro dramma, come ha commentato la stessa Louise. Nelle sue opere, la pratica del disegno affianca quella della scrittura esercitata per tutta la vita attraverso i diari. Concepisce i disegni quali spazi creativi dove annotare emozioni e idee, “infilzandole come farfalle”, mentre considera le sculture come forme ancora più tangibili, immagini a tre dimensioni che hanno il compito di esorcizzare il passato e le paure inconsce, riuscendo così a sovrastare il caos interiore. Nascono dai ricordi, definiti da Bourgeois “semi” delle sue opere, che riaffiorano nel corpo; si presentano come geometrie astratte o spiraliformi, rimandi espliciti al corpo femminile e maschile: sono gli elementi ricorrenti del vocabolario artistico della Bourgeois che ricerca l’immediatezza per esprimere i suoi stati d’animo, e raccontare la relazione complessa fra l’individuo e il mondo che lo circonda. Fino al 31 ottobre.
Flavio Favelli, la Sicilia e altre figure, Palermo
Ha aperto nella sede espositiva del Real Albergo delle Povere del Museo regionale d’Arte Moderna e Contemporanea la mostra di Flavio Favelli, a cura di Elisa Fulco e Antonio Leone. "La Sicilia e altre figure" nasce dal lavoro di Favelli, fondata nel recupero e nel montaggio di elementi visivi, presi da contesti diversi, che individuano e “mettono insieme cose alte e cose basse”. Sono riferimenti presenti nella cultura siciliana che oscilla tra il sublime e il profano, spaziando dall’arte classica alle usanze, dalla cucina ai costumi, come spiega l'artista parlando della sua collezione personale di riviste 'Sicilia', punto di partenza della serie dei lavori che dà il titolo all'esposizione. Qui, le copertine incorniciate della rivista Sicilia, edita da Flaccovio dal 1953 al 1982 per un totale di 89 numeri, sono state modificate dall’artista che è intervenuto con assemblaggi e collage di pubblicità, tratte dalle riviste di attualità, costume e politica degli anni Settanta e Ottanta che sfogliava da bambino e che hanno formato l’identità italiana. “C’è qualcosa di irriverente nel mettere un ritaglio di pubblicità su una rivista dotta, alta, ma credo che sia proprio questa la vicenda, emblematica, in forma di immagini, oltre che del nostro Paese, soprattutto della Sicilia, anche se il primo motivo è il cercare delle corrispondenze formali fra due soggetti diversi. Tempo siciliano, a tratti delizioso a tratti crudele. È in questa oscillazione, fra il delizioso e il crudele, che appaiono le sue figure”, spiega Favelli. Come è proprio della sua ricerca artistica, Favelli mescola registri differenti, decontestualizza gli oggetti d’uso portandoli dentro gli spazi museali, offrendo solennità ai materiali trovati in cui coabitano dimensione personale e pubblica. Così i lavori in mostra sono insegne al neon dismesse e spente di negozi storici di Palermo, che rappresentano un moto d’orgoglio di un periodo forse fatato. Favelli, quindi, ripensa gli “scarrabili” (cassoni in ferro per la raccolta dei detriti dell’edilizia), ormai parte del tessuto urbano, ridipingendoli con colori accesi, in cui rintracciare “l'estro che cova sotto le macerie”. Ancora, "La Sicilia e altre figure" presenta vecchie transenne provenienti dai depositi della Casa Circondariale Calogero Di Bona - Ucciardone; sono manufatti in ferro costruiti in modo semi-artigianale dalle persone detenute, “oggetti con tratti a volte gentili, posti a dividere e sbarrare, che testimoniano forme oramai desuete e perdute”, commenta Favelli. Conclude il percorso espositivo una mini serie di collage, eseguita con le veline che incartano gli agrumi. In ognuna, uno spazio protetto ospita immagini e figure senza regole, un vasto pantheon variopinto che in fondo rappresenta la vera confessione della Sicilia. Favelli ha realizzato anche un intervento site specific per l’area verde del carcere Ucciardone, un modulo abitabile, riservato agli incontri con le famiglie delle persone detenute, frutto del workshop all'interno del progetto Spazio Acrobazie, a cura di Elisa Fulco e Antonio Leone. Fino all'8 settembre.
Nella mostra "È solo un film", ospitata negli spazi di Studio Casoli, sono presentate una selezione di fotografie di Yuri Ancarani, un aspetto piuttosto inedito della sua ricerca artistica orientata alla commistione fra cinema documentario e arte contemporanea. In particolare, il progetto espositivo origina da alcune riflessioni che l'artista aveva avviato all’interno della galleria la scorsa estate, riguardo alla equenza fotografica del 1964 in cui Ugo Mulas ritraeva Lucio Fontana durante la realizzazione dei quadri 'Attese'. E nello specifico a come Mulas avesse compreso quanto l'azione di tagliare la tela fosse centrale nell’arte di Fontana. “Davanti alle foto di Mulas mi sono reso conto che la rappresentazione in sequenza dell’azione di Fontana faceva il lavoro, cioè quelle foto erano potenti per il senso di movimento e non per la qualità delle foto in sé”, è l'osservazione di Ancarani. In "È solo un film" l’artista sceglie la rappresentazione assoluta del movimento in immagini statiche come mezzo per esprimere una sintesi e una semplificazione del suo lavoro. Lo fa con le fotografie cristalline prodotte nel corso della realizzazione del film Atlantide, presentato in anteprima alla 78° Mostra del Cinema di Venezia e in numerosi festival internazionali. In quelle immagini Venezia appare come città-isola mostrando la sua verità, segreta, inedita e lontana dalla narrazione turistica. Le fotografie nitide ed evocative di Ancarani raccontano una mitologia lagunare, dove tutto è sempre in movimento, e rivelano, attraverso il suo sguardo attento, il mondo degli adolescenti, traducendo, nelle atmosfere di mutevolezza e sospensione, la ricerca interiore e i riti di passaggio delle nuove generazioni. Il progetto espositivo include anche la proposta di due video inediti, esito del lavoro documentaristico svolto recentemente dall’artista a Venezia, e un’ampia rassegna di proiezioni. Fino al 17 luglio.