ABC-ARTE è lieta di presentare nella sua sede milanese la mostra bipersonale Metamorphoses di Chiara Crepaldi e Melania Toma, con contributo critico di Domenico de Chirico e Flaminio Gualdoni.
L’elemento che accomuna le due artiste è il senso di fluidità, di trasformazione delle forme in continuum, senza un pensiero costringente sul piano progettuale: che significa, anche, l’irrompere nelle immagini di elementi privatissimi e fantasticanti.
Le sculture e i monotipi di Chiara Crepaldi, figura chiave della nuova scultura, sono fantasticherie che si sostanziano in una padronanza assoluta dei metalli, che declina in chiave antimonumentale e tutta poetica. Il metallo, così come la docile creta, crea dimore spaziali a visioni in cui la materia non si dà come quantità, ma come qualità abitata da intensi, sottili brividi narrativi.
D’altro canto, le opere pittoriche di Melania Toma, nascono come composizioni permeabili, pulsanti e mutevoli. Con i suoi dipinti organici e stratificati, Toma sfida le dicotomie tra natura e cultura, bellezza e imperfezione, proponendo un universo dove le differenze si dissolvono in un continuo e fastoso processo di alterazione, in cui trovano luogo simbologie arcaiche e miti personali.
Metamorphoses sarà visibile dal 30 gennaio al 21 marzo presso la nostra sede meneghina ABC-ARTE ONE OF, in via Santa Croce 21, Milano.
Seppur profondamente difformi in quanto a scelte estetiche ed espressive, materiali e tecniche, le due giovani artiste condividono inconfutabilmente un’idea di arte che si basa sull’importanza della trasformazione, intesa come processo creativo in grado di generare straordinarie diramazioni tra il reale e l'immaginario, l'umano e l'olimpico, la lontananza e la prossimità, il visibile e il recondito.
Metamorphoses si propone di esplorare percettibilmente la fluidità e la conseguente interconnessione delle forme, di perimetri identitari e di riferimenti al reale, senza mai escludere cambiamenti profondi e trasformazioni ineluttabili da una forma all'altra, divenendo, così, un'ulteriore opportunità per esplorare temi fondamentali come l'ambiguità, il conflitto interiore, la disumanizzazione, la transitorietà e le tensioni tra il mondo interiore e la realtà esterna, all'insegna delle più disparate esperienze umane.
Metamorphoses è una metafora della condizione umana, sempre in bilico tra ciò che è e ciò che può essere, dove nulla è definitivo poiché, per dirla con lo scienziato e filosofo francese Antoine-Laurent de Lavoisier, «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».
Metamorphoses crea immagini che mescolano consistenza e fantasticherie, dando origine ad uno spazio liminale in cui i corpi astratti, le forme e i simboli possono esibirsi liberamente in continui e rapidi mutamenti, facendo emergere impavidamente l'inconscio.
E allora, sulla base dei succitati precetti, a suon di desolazione e rinascita, pieni e vuoti, intima fragilità e severa inflessibilità, vi sono, da un lato, le sculture e i monotipi vibranti di Chiara Crepaldi, abitati da agglomerati di figure immaginarie e di architetture fantastiche. Crepaldi anima sapientemente il ferro, il bronzo e la creta conferendo loro una vitalità che suggerisce movimento e respiro perpetui, all'interno di spazi sospesi in cui si compiono indisturbatamente intrecci narrativi inaspettati, intensi e sottili. Un viaggio dentro di sé che, partendo dall'intuizione, attraversa le fasi antimonumentali della sperimentazione e della trasformazione, sfida il conflitto e la tensione preesistenti e, infine, raggiunge la catarsi, quel momento in cui il processo creativo culmina in un atto di realizzazione, lì dove l'opera prende forma - tra movimento e stabilità, leggerezza e forza - e l'artista prova, dopotutto, un senso di affrancamento emotivo, esclusivamente conferito dalla connaturata potenza narrativa propria della scultura.
Dall’altro, invece, vi sono le opere pittoriche di Melania Toma, dove esuberanza e
quiete, forme organiche e rapide gestualità, oblio e sovraccarico, strati sottili di pittura e coaguli di sabbia spessa si fondono in composizioni permeabili, pulsanti e mutevoli, ove la morbida sensualità delle delineazioni si confronta con l'intensità vibrante del colore che sovrasta e permea la tela grezza. Con i suoi dipinti organici e stratificati, sfida le dicotomie tra natura e cultura - o prodotto dell'ingegno umano e delle sue istituzioni e strutture sociali - e bellezza e imperfezione, proponendo un universo dove le differenze si dissolvono in un continuo processo di metamorfosi. Toma intreccia miti personali e simboli arcaici per proporre un nuovo linguaggio visivo in grado di superare la dimensione umana e aprirsi a nuove relazioni con il mondo naturale, sempre spinta da uno slancio irrefrenabile verso l'altissimo e infuocato cielo Empireo che, imperituramente, riscalda la più generosa delle aggregazioni delle radici terrestri.
Così, le due pratiche artistiche, da intendersi inoppugnabilmente come spazi di liberazione, dapprima emergono, si plasmano autonomamente e infine si congiungono nel tentativo di contrastare l'Antropocene, suggerendo euritmicamente di intraprendere vie alternative per poter recuperare, a ragion veduta, connessioni più equilibrate e autentiche con la terra, con gli altri esseri viventi e con noi stessi.
Domenico de Chirico