La ricerca di Matteo Negri si concentra perlopiù sulla realizzazione di opere plastiche caratterizzate da superfici traslucide, capaci di creare una sorta di spaesamento percettivo e visivo in chi si accosta al suo lavoro. La sua è, sostanzialmente, una sorta di rielaborazione contemporanea dei codici strutturali dell'astrattismo, capace di generare una particolare elaborazione della forma. Per questa mostra, però, Negri realizza soprattutto opere specifiche in dialogo con gli spazi della galleria. Piano Piano, titolo dell'opera principale in mostra e dell'esposizione stessa, sono parole che suonano come un sussurro e che sommessamente raccontano l'interesse dell'artista rivolto alle relazioni fra l'individuo, lo spazio e lo sguardo dell'osservatore. Piano Piano, sostanzialmente in antitesi con la quotidiana e incessante trasmissione continua d'immagini che caratterizza la nostra epoca, mette in scena un processo di decodificazione della contemplazione, che avviene in modo lento: Piano Piano per l'appunto. È lo stesso Matteo Negri a spiegare il senso profondo della propria azione creativa: "In una società che smaterializza tutto, l'opera riesce a catalizzare e trasformare l'esperienza quotidiana in qualcosa d'innovativo". Lo sguardo, nell'attraversare la mostra, si posa innanzi tutto su un elemento in acciaio lucido (l'opera Piano Piano), posto al centro della sala centrale, una sorta di prisma o caleidoscopio, da cui l'artista fa partire propriamente il senso di spaesamento voluto e ricercato. La scultura, infatti, si presenta come un elemento che rompe l'apparente armonia della mostra, assolvendo, al contempo, il ruolo di punto centrale d'osservazione della stessa. Da qui parte un'immaginaria diramazione di sguardi che si posano progressivamente su ogni singola opera. Gli occhi sono catturati dai Kamigami (in giapponese "spirito" quale pluralità, ripetizione e infinitezza) ovvero piani forati in lamiera dai colori cangianti, differenti per dimensione e forma geometrica sul
cui bordo si riflettono infinite prospettive e immagini; e dai PSA (lacronimo di "pittura su alluminio") stickers e serigrafie trasposte su una lamina in alluminio, rappresentativi per l'artista di un con- cettuale collegamento tra pittura, scultura e fotografia. Ma in tutto questo c'è anche un elemento figurativo dominante. C'è l'immagine di una scimmia continuamente ripetuta - spiega l'artista - : "fantomatico spettatore privilegiato ma anche lo specchio di ciò che noi, senza la nostra coscienza possiamo vedere". Infine, il percorso visivo inscenato da Negri si snoda in un progressivo crescendo dove sono analizzate le architetture e i contesti urbanizzati che originano suggestive immagini condivise del vissuto collettivo, un processo dove al ricercato effetto di spaesamento si sovrappone l'intenzione di espansione oggettuale che si snoda secondo un ritmo fluttuante che va dall'interno all'esterno dell'o- pera e della galleria stessa.
Piano Piano di Matteo Negri è curata da Alberto Fiz e accompagnato da un catalogo comprensivo di un testo di Lorenzo Bruni.