IL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA DI VILLA CROCE A GENOVA RIUNISCE OLTRE OTTANTA OPERE DI TOMAS RAJLICH, ESPONENTE DELL’ASTRATTISMO IN DIALOGO CON LA COLLEZIONE PERMANENTE DEL MUSEO.
LA RICERCA DEL FONDAMENTALE
Nel 1975 i monocromi di Rajlich hanno un ruolo centrale nella mostra Fundamentele schilderkunst allo Stedelijk Museum di Amsterdam, pietra miliare dell’affermazione internazionale della pittura analitica. Rajlich evidenzia qui il suo interesse verso il “fondamentale” in pittura, non diversamente dal lavoro dei pittori minimal americani.
L’artista ceco lavora sulla modulazione della pittura sulla tela, a cui conferisce lo statuto di vivente. L’interesse per il colore, la luminosità, l’intensità e la vivacità dell’opera si combinano al suo interesse per l’impersonale, il gesto e la forza della luce. La coerenza artistica di Rajlich gli ha permesso il riconoscimento, nel 1994, dall’Haags Gemeentemuseum, che nello stesso anno ha ospitato la seconda retrospettiva a lui dedicata (la prima si svolse nel 1993 a Palazzo Martinengo a Brescia), con il Premio Ouborg per la sua carriera.
LA MOSTRA A GENOVA
La progressiva indagine verso il “fondamentale” è documentata nella mostra Make it new! Tomas Rajlich e l’arte astratta in Italia. Oltre mezzo secolo di ricerca si dirama sui due piani del museo, dagli esordi scultorei degli Anni Settanta ai lavori più recenti. L’ampia retrospettiva non dimentica gli incontri fortunati che l’artista ceco ricorda lungo il suo percorso. Scelti dallo stesso Rajlich, i rappresentanti dell’arte aniconica italiana mostrano la sintonia artistica dell’asse Cecoslovacchia – Italia. In una dinamica di sguardi, le tele di Rajlich fungono da cornici alle sculture di Arnaldo Pomodoro, Lucio Fontana, Nanni Valentini, Pietro Consagra, Bruno Munari e dello stesso artista ceco.
RAJLICH E L’ITALIA
Il gioco di sguardi prosegue al secondo piano, dove il colore svolge un ruolo predominante. Le opere più recenti, caratterizzate dalla variazione di intensità e luminosità, dialogano con le tele di Claudio Verna, Riccardo Guarneri, Giorgio Griffa, Claudio Olivieri.
La ricerca radicale compiuta sull’astrazione, così come l’uso minimalista del colore, accomuna le personalità eclettiche inserite in questa narrazione, definita da un percorso innovativo, in cui le opere della collezione permanente, poste in relazione con quelle dell’artista ceco, non seguono uno schematismo didattico. Ne è un tratto evidente il rifiuto di realizzare un racconto cronologico. Difatti i primi lavori di Rajlich, caratterizzati da un aspetto industriale e da una qualità modulare, persistono nell’itinerario espositivo, come se fungessero da punti fermi dell’intera rassegna. Un rimando continuo tra le Attese di Fontana e l’Achrome di Piero Manzoni.
Un’occasione per Villa Croce, non solo di ripartire e aprire nuovamente le sue porte, ma anche di mostrare le opere della collezione permanente. Un progetto curatoriale solido che non manca di ammettere il divenire di questa narrazione, le cui caselle mancanti servono da incentivo per raccontare un periodo artistico la cui eredità è tuttora vitale.
Vittoria Mascellaro