Nasce a Milano un nuovo spazio per l'arte contemporanea. Lo presenta a exibart il direttore Antonio Borghese, tra progetti in corso e propositi per il futuro.
C’è una nuova galleria a Milano. Si apre senza veli su piazza Sant’Eustorgio, le opere in bella vista dietro ai vetri, un invito a entrare. Subito dopo Clori, forse il fiorista più scenografico in città. A pochi passi da Porta Ticinese, da quel viavai urbano che non accenna a rallentare. Ma anche dalle Colonne di San Lorenzo, dal Museo Diocesano, dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro. Ecco, lì, di fronte alla basilica e al suo campanile, è nata ABC-ARTE ONE OF (ve ne parlavamo già in questo articolo). Una sorta di spin-off di uno spazio già conosciuto, la genovese ABC-ARTE, con una direzione precisa che già suggerisce nuove strade – tutte fatte di dettagli, selezione, da percorrere con lo sguardo fisso, lento, un’opera per volta, senza distrazioni. La prima mostra in scena: How to Paint, con i lavori del tedesco Jerry Zeniuk (Bardowick, 1945). Ne abbiamo parlato con il fondatore Antonio Borghese a pochi giorni dall’opening ufficiale.
Intervista con Antonio Borghese, direttore della galleria
ABC-ARTE nasce a Genova per indagare e promuovere l’arte contemporanea. Perché un secondo spazio, e perché proprio a Milano?
«Milano in realtà c’è sempre stata. È la città dove sono cresciuto e con cui non ho mai smesso di sentire un forte legame. Qui mi sono formato, ho iniziato a coltivare la mia passione per l’arte, ho fatto i primi e significativi incontri con curatori, artisti, collezionisti ma soprattutto amici, che mi hanno sempre sostenuto e con cui ho mantenuto rapporti continuativi. Ora, con ABC-ARTE ONE OF, l’occasione tanto attesa di rafforzare queste sinergie, di restituirgli un nuovo spazio d’espressione in città».
Qual è il filo rosso di ABC-ARTE ONE OF rispetto alla sede madre?
«Sicuramente la programmazione. Almeno per tutto l’anno in corso i progetti ospitati da ONE OF saranno strettamente connessi con la sede madre. Come per How to Paint: mi piace l’idea di poter sfruttare questo spazio decisamente piccolo, se paragonato ai 500 mq di Genova, per presentare mostre site specific che si concentrino maggiormente su una serie, un tema o un aspetto del lavoro di un artista che, lungo un’ampia personale, tende spesso a essere inglobato nella moltitudine di stimoli visivi. Inoltre, per entrambe le sedi ho scelto delle aree per me suggestive e dense di storia. Nel caso di Genova siamo sulle arcate del Mercato Orientale, il più antico e frequentato della città; mentre per Milano piazza Sant’Eustorgio, a pochi passi dai Navigli, zona anch’essa dominata dall’acqua e quindi aperta allo scambio. Non solo. Mi interessa che entrambe le gallerie siano situate vicino a importanti istituzioni, puntando così allo sviluppo di un circuito di spazi. Per ONE OF mi riferisco al Museo Diocesano e alla Fondazione Arnaldo Pomodoro, con cui abbiamo già in precedenza collaborato e mi auguro possano attivarsi nuovi progetti».
«Direi che la differenza sostanziale risiede nella diversa configurazione degli ambienti. L’ampiezza della sede genovese ci permette di allestire progetti complessi, di puntare a un approccio più onnicomprensivo che si riflette poi sia nel display espositivo che nei cataloghi da noi pubblicati. ABC-ARTE ONE OF vede come protagonista la componente delle vetrine, le cui luci saranno accese 7/7 fino alle dieci di sera. Mi interessa valorizzare questa possibilità di offrirsi con immediatezza allo sguardo esterno. Infine, pur mantenendo un legame con la programmazione di ONE OF, estenderà la sua ricerca a linguaggi più contemporanei, a partire da artisti che si esprimono con il medium digitale».
Si inizia con la mostra di Jerry Zeniuk, inaugurata il 19 gennaio. Ce la introduce brevemente?
«Non avrei potuto sperare in una mostra migliore per avviare questo capitolo milanese. How to paint, in entrambi le sedi, marca infatti l’inizio della rappresentanza ufficiale di Jerry Zeniuk da parte di ABC-ARTE. Giusto una breve digressione sull’artista: tedesco, nato nel 1945 a Bardowick bei Lüneburg (DE), emigra intorno agli anni ‘50 insieme ai genitori negli Stati Uniti, dove si forma e diventa uno dei protagonisti della pittura minimale internazionale. A segnarne la fortuna critica – per lui come per altri tra cui Gerhard Richter e Agnes Martin (solo per citare alcuni dei più celebri) – la mostra Fundamental Painting organizzata nel 1975 allo Stedelijk Museum di Amsterdam, che decreta il nuovo decorso di questo genere pittorico. Tornando a noi. Il titolo How to paint è ispirato all’omonima serie di opere presentate dall’artista nel 2017 presso lo Josef Albers Museum di Bottrop. Insieme al curatore, Flaminio Gualdoni, ci sembrava ideale per questa sua prima retrospettiva italiana, in quanto sintesi dalla sua più recente riflessione sul colore e sulla capacità di quest’ultimo, sia fisica che mentale, di generare spazi ad alto gradiente qualitativo».