Hermann Nitsch – Cosa rimane delle azioni ?

Benedetta Spagnuolo, Juliet online, Luglio 28, 2023
Si è parlato molto di Hermann Nitsch, conosciuto come “l’artista del sangue”, su chi sia stato, cosa abbia fatto, cosa lo abbia ispirato e come sia stata la sua pittura. Si parla ancora del Teatro delle orge e dei misteri, conosciuto come Das Orgien Mysterien Theater, e delle sue azioni. Oggi, però, parliamo della carica di energia che gli elementi della sua arte performativa e pittorica sprigionano durante la mostra organizzata da ABC-ARTE a Genova, come una costola di quella contemporanea allestita a Milano da ABC-ARTE ONE OF.
 
 
La mostra, curata da Flaminio Gualdoni con la collaborazione del Museo Hermann Nitsch di Napoli, rende omaggio a uno dei protagonisti più influenti del panorama artistico contemporaneo, un artista eclettico che si è distinto come performer, pittore, musicista, filosofo e drammaturgo, nonché figura di spicco dell’Azionismo Viennese. La sua arte si contraddistingue per la sperimentazione e le controversie, spingendo i limiti del suo agire fino a suscitare polemiche e boicottaggi. Nitsch ha vissuto momenti di grande fama, processi e condanne, ma è riuscito ad affermarsi come una figura indelebile nell’ambito dell’arte contemporanea.
 
 
Attraverso un percorso documentale, l’esposizione va oltre la mera presentazione degli oggetti inanimati, che sono reduci delle sue azioni, e si carica di una fortissima vitalità, inevitabilmente legata al sentimento della morte. Le opere di Nitsch sono caratterizzate da una profonda visceralità e da una raffinata comprensione delle dinamiche umane. Mentre si osservano i suoi lavori, ci si trova catapultati in uno stato di conflitto interiore, dove l’estasi si mescola all’orrore, e la gioia si scontra con la sofferenza. Questa complessità emotiva può essere travolgente, ma è proprio lì che risiede la potenza dell’arte di Nitsch.
 
 
Entrando in galleria, si respira subito un’aria calda e avvolgente, data dalle tonalità rosse, marroni e gialle che segnano le linee di demarcazione nei lavori dell’artista. In ogni sala, opere prodotte in diversi anni – dal 1962 al 2020 – coesistono come in un ecosistema in cui le tele pittoriche e gli elementi delle azioni si sposano tra loro. Sulla destra, nella prima sala, scorgiamo due grandi tele del 1986 intitolate 18.malaktion Napoli Studio Morra, in cui il rosso predomina totalmente sulla parete. Accanto, lungo l’altra parete, possiamo ammirare altre due opere: Edipo Re del 1971, una tecnica mista che presenta tratti quasi elementari, ed Esercizi cromatici del 2008, realizzata con pastelli su carta. Ritroveremo gli Esercizi cromatici, con le loro linee verticali e orizzontali caratterizzate da una varietà di tonalità, anche in altre sale, posti come a voler contrastare i lavori viscerali e potenti delle installazioni.
 
 
Nel piccolo corridoio che precede la seconda sala, troviamo il video della 158.aktion, una performance svoltasi nel 2020 presso il Museo Hermann Nitsch di Napoli. La direzione dell’azione era affidata a Nitsch, con il supporto di Giuseppe Zevola, famoso artista napoletano e suo collaboratore di lunga data. A scandire i gesti degli attori, utilizzando un fischietto, c’era però il figlio adottivo di Nitsch, Leo Kopp, che partecipava alle sue azioni teatrali da molti anni. 158.aktion, svolta in simbiosi con la Nuova Orchestra Scarlatti diretta da Andrea Cusumano, si è articolata in una serie di atti in cui gli attori versavano brocche piene di sangue, uva e pomodori su corpi nudi e semi-nudi distesi su crocifissi.
 
 
A partire dalla seconda sala, all’interno di tutta la galleria ABC-ARTE, sono presenti installazioni composte da strumenti scenici che ha fatto parte delle opere: camici macchiati di sangue, barelle, altari, bisturi, cerotti, corde, provette, alambicchi, zollette di zucchero e fazzoletti di carta. Tutti questi elementi potrebbero urtare la sensibilità di alcuni spettatori, ma Nitsch non mirava a creare uno shock per il gusto di farlo, bensì a provocare una reazione emotiva autentica. La sua arte ha sempre sfidato le convenzioni e le restrizioni della società, invitando gli spettatori a riflettere sulle proprie paure, i desideri e le limitazioni. Proseguendo in questo grande contenitore, si comprende che ogni sala racchiude lavori e oggetti elaborati in diversi anni della vita dell’artista, creando un maestoso patchwork di opere che raccontano la potenza stessa della sua intera esistenza. Nella seconda sala, sulla parete a sinistra, troviamo la grande tela 85.malaktion del 2020, in cui il rosso domina sul bianco, mentre il blu contrasta elegantemente la superficie.
 
 
Sulla parete opposta, invece, Die Eroberung Jerusalem del 1971-2016, delle dimensioni di 200×400 cm; oltre al colore dai toni marroni e sabbia, viene esaltato il “segno”, in cui un ammassarsi di linee e figure sembra dare vita a grottesche rappresentazioni di organi umani, collegate tra loro e segnate da una fitta numerazione. A lato della stanza troviamo un altro pezzo della serie Esercizi cromatici del 2008, mentre al lato e al centro spiccano rispettivamente la tela e l’installazione 158.aktion del 2020. Da questo punto, tutta la mostra assume una linearità espositiva, in cui ogni sala presenta installazioni, tele e oggetti rituali alternati e ripetuti. In altre sale, grandi bacheche accolgono e proteggono elementi scenici e strumenti chirurgici utilizzati nelle azioni teatrali, che richiedono ai visitatori uno stomaco forte, e la capacità di elaborare e assimilare concettualmente la cruda realtà. Solo nella quinta sala possiamo ammirare delle fotografie stampate su carta e incorniciate, che rappresentano alcune azioni del 1978 e del 2020.
 
 

L’installazione, gli oggetti della performance e il colore, come in un circolo, si fondono in una danza all’interno degli spazi, in cui i corpi degli attori protagonisti delle azioni diventano fantasmi e gli attori stessi si trasformano in oggetti. In questa danza, le viscere, le ossa, il sacrificio, l’estasi, la passione e la resurrezione sono i veri protagonisti, insieme alla luce calda e abbagliante che emana ogni linea nello spazio. Ciò che rimane delle opere recitate non sono solo oggetti di scena, ma azioni che rimangono incise nella nostra mente, che portiamo con noi come fantasmi nudi, crudi e viscerali. Nitsch desiderava proprio questo: che ognuno di noi si porti nella propria esistenza qualcosa che vada oltre la mera visione delle opere fine a sé stessa: Cosa rimane delle sue azioni? Cosa rimane delle nostre azioni? Cosa rimane delle azioni? Rimangono, forse, le ombre del passato riflesse sulle azioni di un presente complicato dalle circostanze di un contemporaneo distorto.