Gianluigi Colin. Post Scriptum, Milano
Ospitata negli spazi di BUILDING, la personale "Post Scriptum" di Gianluigi Colin, a cura di Bruno Corà, presenta un corpus di 34 opere inedite, dipinti di grandi dimensioni realizzati dall'artista in questi ultimi tre anni. I lavori in mostra originano dalla ricerca concettuale avviata da Colin a partire dal 2011, focalizzata sul dialogo tra immagini e parole e, in particolare, sul sistema dei media, sulla dimensione del tempo e sul valore della memoria. Le opere astratte esposte sono cariche di sedimentazioni cromatiche, di striature ripetute, di campiture che si dilatano nello spazio. Per la realizzazione di questi lavori, Colin si serve di grandi tessuti utilizzati per pulire le rotative di quotidiani e di stabilimenti di arti tipografiche, rivelando come la sua ricerca concettuale sia strettamente legata e si relazioni alla sua storia personale (Colin, tra le altre cose, per molti anni è stato art director del Corriere della Sera). “L’insieme dei miei lavori, volutamente scelti per questa mostra dai toni drammatici, con rossi intensi, sfumature di nero, striature nere su fondi bianchi o azzurri, si presentano come simbolo di un oblio incombente, inquietante e minaccioso. Un senso di costante indifferenza e dimenticanza che purtroppo appartiene al momento storico che viviamo. Le mie opere si confrontano con uno spazio interiore, ma parlano di una dimensione collettiva”, sono le parole di Colin. Fino al 23 marzo.
Pietro Fachini. Racconti dalle terre piumate, Milano
ArtNoble Gallery accoglie la personale di Pietro Fachini, a cura di Arnold Braho. Il progetto espositivo, che evoca fin dal titolo atmosfere fiabesche, si presenta come una cosmogonia di racconti che compongono l'immaginario visivo di una terra, dove boschi di sughere, piccoli insetti e piume policrome rappresentano le forze in atto di una dimensione selvatica. L'espediente narrativo utilizzato è di raccontare ancora una volta un soggetto naturale continuamente espropriato, un organismo vivo composto da micro-storie, tracce, memorie e registrazioni in continuo mutamento.Nell'idea di Fachini la pratica pittorica diventa uno strumento di ricerca, accompagnata da una meticolosità scientifica che approda alla presentazione di una natura in trasformazione, attraverso modalità rappresentative di carattere organico. In particolare, l'artista italiano, che vive e lavora tra Milano, la Sardegna e Leticia (Colombia), effettua studi sul pigmento ed è sempre orientato ad apprendere nuove modalità di produzione del colore - attualmente indaga le terre coloranti in Sardegna e i pigmenti organici nell’Amazzonia colombiana e in Messico - oltre a interessarsi alla ricerca del soggetto vivo da rappresentare. Così che si può dire che Fachini operi con la natura, più che nella natura. Nei lavori esposti, la memoria, intesa come operazione dell'immaginazione, svela le possibilità di un mondo selvatico costituito da apparizioni, allegorie dalle sembianze magiche, ferocia. Ogni fatto diventa interpretabile e risolvibile in termini di metamorfosi e incantesimo. Tutto ritorna possibile, è andata perduta la logica che governa il mondo: le piume adornano il bosco. Fino al 21 marzo.
Anastasiya Parvanova. Sidereal Messenger, Venezia
Uno spazio liminale tra il sogno e il risveglio. È "Sidereal Messenger", la mostra di Anastasiya Parvanova ospitata alla galleria A plus A che appare come un sogno dell'uomo sulla vita e sulla natura in cui concetti di astrofisica e astrobiologia si proiettano sulla pittura. Il titolo richiama il trattato di Galileo Galilei, Sidereus Nuncius, incentrato sulle scoperte concrete fatte dallo scienziato con un cannocchiale da lui stesso costruito. I lavori esposti dell'artista bulgara compongono “una brezza mattutina di conoscenza davanti a noi, un portale per l'arrivo del nuovo”, come si legge nel testo che accompagna la mostra. “C’è qualcosa di più grande di noi e noi siamo intrecciati ad esso. Nella pittura come nella scienza, esploriamo questa connessione di noi stessi con tutto. Interessandoci alle scoperte o alle teorie legate alla fisica — il nostro modo scientifico di conoscere la natura — troviamo una ricchezza infinita di conoscenza attraverso cui viaggiare. Essere un viaggiatore della mente ci aiuta a capire chi siamo e cosa possiamo essere. Un continuo ridisegnare il mondo, ma partendo dal passato. Siamo alla continua ricerca di un’immagine del mondo che funzioni meglio di prima”, si legge ancora. Ecco quindi le domande . Che cos’è la materia e c’è qualcosa oltre a essa? Possiamo vederlo? attraverso la scienza? attraverso l’arte?”. Fino al 29 marzo.
Mons Jorgensen. This is not a fairytale, Bologna
Mons Jorgensen, artista multidisciplinare olandese di base a Londra, è la protagonista della personale, la prima in Italia, presentata da Spazio b5 Studio Store Creativo, nato dall'idea di Lorena Zuniga Aguilera, architetto e Michele Levis, fotografo. Il progetto espositivo include opere pittoriche di grande formato, fotografie in bianco e nero, cortometraggi, sculture in argilla polimerica e corda, accompagnati da performance, che indagano il mito, la fiaba di tradizione nord-europea e la maschera, tema conduttore dell'esposizione. “L'artista ha deciso di esprimersi in una sorta di linguaggio minore, che potremmo definire dialettale o addirittura vernacolare”, scrive Marcello Tedesco nel testo critico della mostra, mostrando una grande fluidità linguistica che assume forme in continua mutazione, refrattarie a rigide categorizzazioni. Il lavoro di Jorgensen, che attinge a una memoria ancestrale collettiva filtrata dalla sua sensibilità personale, si esprime attraverso immagini spesso bidimensionali, frontali e caratterizzate da un impianto compositivo dove tutto avviene ipnoticamente al centro, con allusione, forse, alla misteriosa potenzialità delle immagini di poter essere soglia verso una dimensione trascendentale. Ne deriva da parte dell'artista una concezione sacrale, come se i suoi dipinti e le fotografie fossero icone contemporanee, veicoli per accedere a un altrove dove le cose non assumono la loro identità fissa ma vivono in una perpetua metamorfosi. Si inquadrano in questo senso l'interesse di Jorgensen per l'alter-ego,il mascheramento e l’interazione sensuale tra mondo vegetale, animale e umano e la dimensione mitica, di cui si avvale l'artista, che fa riferimento al significato originario del mito, un linguaggio creato per rendere sopportabili verità che altrimenti non riusciremmo a tollerare. “Questa serie di opere nasce in un bosco antico dove mi sono trovata a indossare una maschera cieca. Una volta perso il contatto visivo con l’esterno, la mia immaginazione ha preso il volo [..] ho capito che ciò che stava accadendo nella mia mente, accesa da quella maschera che mi copriva il volto, era molto più interessante di tutto il resto. Ed è questo che vorrei restituire a chi verrà a trovarmi a Bologna”, racconta l'artista. Fino al 24 febbraio.
Franco Fasoli, Timm Blandin, Jean Bosphore. Ordinary Perspectives, Bologna
MAGMA gallery ospita la mostra "Ordinary Perspectives" dove si fondono le narrazioni diverse di tre artisti, Franco Fasoli, Timm Blandin e Jean Bosphore, nel comune linguaggio dell'arte figurativa. A emergere sono la potenza e l'uso di colori forti, decisi, talvolta in contrasto tra loro, per rappresentare visioni del mondo altrettanto definite. I lavori di Bosphore, artista multidisciplinare che vive e lavora a Parigi, rimandano a una concezione del mondo distopica, futuristica. La sua indagine dell’umanità si rivela una critica della società contemporanea. Anche l'opera di Fasoli, noto come Jaz e considerato uno degli artisti più conosciuti e talentuosi della scena argentina, è orientata alla denuncia. Nella sua pratica esprime il confronto-scontro tra culture diverse, le contraddizioni che nascono in seno alle società, così come riflessioni basilari sul concetto di identità individuale e collettiva. Blandin, artista francese che predilige paesaggi e ritratti colorati e surreali, propone un altro punto di vista: la banalità del quotidiano si eleva a status di arte, ricordando quanto preziose siano le cose più semplici. I racconti visivi degli artisti 'parlano' il linguaggio dell'onirico, utilizzando immagini di paesaggi sospesi e sognanti che abitano una dimensione indefinita, tra sogno e realtà. Serve un osservatore esterno per essere completata e letta, lo spettatore, che diventa il quarto elemento della conversazione artistica, contribuendo, con i suoi sensi, al processo di creazione delle opere e alla costruzione del loro significato. Fino al 30 marzo.