Zaza a Milano, Valentini a Genova: l’autunno di ABC-ARTE si fa spirituale

Matilda Sereni, Artslife, Ottobre 1, 2024
Michele Zaza (Spazio arborescente, Milano, 19 settembre – 19 ottobre 2024) e Nanni Valentini (Altre trasparenze, altre terre, Genova, 26 settembre – 21 novembre 2024) sono i protagonisti delle due mostre autunnali di ABC-ARTE, entrambe curate da Flaminio Gualdoni.
 
 
Prosegue su due binari paralleli l’attività espositiva di ABC-ARTE, che a distanza di una settimana ha inaugurato due nuove mostre: prima nella sede di Milano, poi in quella di Genova. Paralleli ma non insensibili al dialogo tra loro, o almeno a una certa corrispondenza, i presupposti che guidano i due appuntamenti, che paiono infatti scambiarsi più di una suggestione.
 
Partiamo da Milano e da Michele Zaza, che ha occupato l’intero spazio di via Santa Croce con un’istallazione complessa e totalizzante, che ripercorre varie fasi della sua produzione artistica. Opere fotografiche e sculture in legno fluttuano nell’ambiente trasfigurato della galleria, che vede coinvolte le pareti e i soffitti in un allestimento scenico e avvolgente.
Nelle opere la trasfigurazione del corpo, e la trasformazione dello spazio rivelano un cosmo materiale e psichico. Un cosmo dove si sedimentano segni e simboli: volti trasfigurati, forme plastiche su triangoli equilateri di colore grigio. Un processo di visione onirica è sviluppato nelle sembianze di uno spazio umano trasformabile, capace di rigenerare l’invisibile quanto il potenziale visibile“, racconta Zaza del suo lavoro, qui eloquentemente proposto sotto il titolo di Spazio Arborescente.
 
 
In una continua trasformazione del corpo e dell’animo, l’artista prova a rappresentare una dimensione in cui la separazione tra essere umano e mondo si dissolve, il trascendentale cala sulla terra come l’uomo muove verso il cielo, in una dialettica tra celeste e terrestre in cui a separarli non rimane che una sottile patina invisibile.
Una patina che sembra coprire anche le opere in mostra Genova, le opere di Nanni Valentini. Il riferimento è alle Trasparenze, ciclo di lavori in cui dalla metà degli anni Settanta l’artista esplora l’interspazio tra il visibile e il tattile, mettendo su tela una serie di situazioni limite. Contesti in cui l’occhio vede, ma non del tutto; in cui le mani si possono sfiorare, ma non toccare appieno. Vetri, veli, barriere sottili si interpongono tra i nostri sensi e una comprensione piena della realtà. Sempre che quella che sperimentiamo comunemente sia una piena comprensione della realtà.
E proprio da qui si dipana la seconda parte di mostra, che si compone invece della successiva ricerca plastica condotta da Valentini. Qui emerge la piena fisicità della terra, il profondo contatto con la materiale. Pietre, fili di ferro, sacchi di juta, oggetti in terracotta sono uniti o accostati, posti a dialogare con un lingua fatta di sensazioni visive e tattili, colori e qualità fisiche, trame estetiche e implicazioni pratiche.
 
 
L’afflato poetico dei lavori, che spesso sfuggono a un’interpretazione diretta per abitare la suggestione, è certificato anche dai titoli, che fungono, potremmo dire, da innesco narrativo. Tra gli altri, La terra della sera, 1978-80, lo Scudo de Il vaso e il polipo, 1978-1982, Lo specchio di Narciso da Le terre di Bachelard, 1983, Il focolare di Hestia, 1985. L’idea che la soluzione sia sempre altrove, invece, lo sottolinea il titolo dell’esposizione: Altre trasparenze, altre terre.
Per Valentini come per Zaza, dunque, forse la questione verte proprio su questo: creare le coordinate geografiche di una dimensione senza luogo, o che abbia il suo spazio in un reame che tutto l’universo coinvolga, o che tutto l’universo convogli nell’unico contenitore in grado di accettarlo: l’animo umano.