METAMORPHOSES: le giovani Crepaldi e Toma da ABC ARTE

Intervista a DOMENICO DE CHIRICO di Lisangela Perigozzo
Lisangela Perigozzo, Espoarte, Febbraio 18, 2025

 

Da ABC-ARTE ONE OF a Milano, Metamorphoses, la bipersonale delle giovani artiste Chiara Crepaldi e Melania Toma, arricchita dal contributo critico di Domenico de Chirico e Flaminio Gualdoni, è in mostra fino al 21 marzo.
L’esposizione esplora la trasformazione come processo incessante, in cui la materia si trasforma liberamente, senza vincoli progettuali, dando forma a visioni intime e immaginifiche: le sculture e i monotipi di Crepaldi creano narrazioni sottili e vibranti che abitano lo spazio con leggerezza, evocando tensioni e fragilità, mentre i dipinti di Toma si articolano in composizioni stratificate e organiche, dissolvendo il confine tra natura e cultura per costruire un universo simbolico in perenne mutamento. Tra fluidità e cristallizzazione, crescita e disgregazione, le loro opere si intrecciano in un confronto visivo e concettuale sulla trasfigurazione della sostanza e dell’identità, aprendo a nuovi scenari di percezione e interpretazione.
Abbiamo avuto il piacere di approfondire il significato di Metamorphoses con Domenico de Chirico.

 
 
In che modo le opere delle giovani artiste restituiscono, ciascuna con il proprio medium, una visione della metamorfosi? Quale tipo di dialogo si instaura tra questi due linguaggi e come si sviluppa all’interno della mostra?
Seppur manifestamente dissimili in quanto a scelte estetiche ed espressive, materiali e tecniche, le due giovani artiste condividono coralmente un’idea di arte che si basa sull’importanza della trasformazione, intesa come processo creativo in grado di generare straordinarie diramazioni tra il reale e l’immaginario, l’umano e l’olimpico, la lontananza e la prossimità, il visibile e il recondito. Pertanto, Chiara Crepaldi e Melania Toma restituiscono una visione della metamorfosi attraverso l’esplorazione dei rispettivi linguaggi, ciascuno dei quali offre una prospettiva unica sul tema in oggetto. In termini pratici, la metamorfosi viene qui rappresentata attraverso l’uso di forme fluide, quasi stilizzate, e di colori che si mescolano naturalmente generando figure ibride e scenari immaginifici che sembrano essere in un perenne stato di transizione. Le sculture di Chiara Crepaldi, con la loro tridimensionalità, tra movimento, torsione e fremito, catturano il momento fatidico dell’attesa di un cambiamento verso nuovi e più fecondi orizzonti, mentre la pittura di Melania Toma suggerisce una trasformazione più intima e vorticosa, vivacemente contraddistinta da sfumature di luce e ombra che sembrano esplorare l’alterazione di un agglomerato indefinito di sensazioni ancestrali.
 
 
 
I dipinti di Toma invitano a un’immersione cromatica, mentre le sculture di Crepaldi creano una tensione spaziale. Questa dualità tra fluidità e solidità, crescita e cristallizzazione come influisce sulla percezione dello spettatore? Genera un senso di equilibrio o piuttosto di disorientamento?
Seppur partendo da un senso generativo di disorientamento, invero l’obiettivo di questa mostra è quello di sbloccare la fluidità delle forme a discapito dell’irrespirabilità dei perimetri identitari, confluendo, così facendo, nell’astrazione del reale. Pertanto, potremmo considerare Metamorphoses come un’ulteriore opportunità per esplorare temi fondamentali come l’ambiguità, il conflitto interiore, la disumanizzazione, la transitorietà e le tensioni tra il mondo interiore e la realtà esterna, all’insegna delle più svariate percezioni umane. E allora, trattando argomenti così delicati, il modo in cui la mostra viene percepita dipende probabilmente dallo stato d’animo e dalla disposizione interiore di ciascun visitatore.
 
 
 
Dalle opere emerge una dimensione archetipica che evoca antichi miti di metamorfosi, ma al tempo stesso trasmette un senso di precarietà contemporanea. Il confronto tra le due artiste può essere letto anche in chiave sensoriale e mitologica: da un lato, l’arte di Toma restituisce l’idea della trasmutazione come un ciclo naturale e primordiale; dall’altro, quella di Crepaldi la rappresenta come un evento drammatico e irreversibile. Metamorphoses nasce con un riferimento consapevole alla mitologia, oppure il legame con il mito è un riflesso spontaneo di un immaginario collettivo in trasformazione?
Tenendo presente che entrambe le artiste aspirano a un ritorno quanto più puro possibile all’essenza originaria, si manifesta inevitabilmente una connessione con la mitologia, in quanto deposito universale di misteri, simboli e archetipi. E allora, si può considerare senza dubbio come un riflesso spontaneo poiché nasce in una circostanza specifica che stimola e favorisce la libertà delle associazioni mentali, permettendo così allo spirito di esplorare concatenazioni impreviste e significati nascosti, nel tentativo di liberarsi dalle consuete limitazioni imposte dalla perentorietà della ragione analitica.
 
 
 
La metamorfosi, tema ricorrente nell’arte, qui assume una valenza profondamente attuale. In un’epoca segnata da profondi cambiamenti, essa assume una connotazione anche politica ed ecologica. In questo contesto, entrambe le artiste esplorano l’idea dell’Antropocene come un periodo di adattamenti forzati, amplificando la visione di un paesaggio ibrido in cui la fusione di materiali e forme suggerisce un processo di transizione. Le opere esposte possono costituire una considerazione sulla mutazione del mondo naturale e sulla sua ibridazione con l’artificiale? Se sì, la trasformazione che raccontano è un atto di resistenza, di assestamento o di disgregazione?
Lo scenario ibrido che emerge dalla fusione di materiali persistenti e di forme aurorali stilizzate può essere interpretato come una rappresentazione della condizione attuale del nostro tempo, dove la natura e l’artificio sono sempre più interconnessi e difficili da disgiungere. Difatti, le mutazioni a cui fanno riferimento le artiste non sono solo estetiche, ma anche simboliche, trattando il cambiamento in corso come un’ulteriore risposta alle sfide ecologiche, politiche e sociali. La trasformazione, pertanto, portandoci persino a fare i conti con la solitudine, momento necessario o tragica conseguenza, viene qui intesa da un lato come un atto di responsabilità che si contrappone all’oscurantismo e dall’altro di assestamento in antitesi con la disgregazione.
 
 
 

Nei lavori di Crepaldi e Toma si intravedono tracce di forme che richiamano il corpo, ma sempre in uno stato di alterazione, fusione o dissoluzione. Come dialogano queste opere con la nostra percezione del corpo contemporaneo, sempre più fluido, ibrido e tecnologico? Possiamo leggere questa mostra anche come una riflessione sulla trasformazione dell’identità?
Le opere di Crepaldi e Toma, ponendoci di fronte a una visione del corpo e dell’identità che si allontana dalle nozioni tradizionali di stabilita e permanenza, offrono uno spazio di riflessione sull’identità in trasformazione, non più fissa o definita in modo univoco. La mostra potrebbe quindi essere letta come una rappresentazione di questa transitorietà identitaria, dove il corpo stesso, sempre in evoluzione, diventa il simbolo di una condizione instabile, laddove l’individuo si ritrova a confrontarsi con una molteplicità di versioni di sé stesso, spesso in conflitto tra di loro. Ciò che ne consegue è l’opportunità di esplorare come il corpo oggi sia sempre più un’entità fluida e perennemente in evoluzione, proprio come la percezione di noi stessi e del nostro posto nel mondo. Pertanto, Metamorphoses si erge a metafora della condizione umana, sempre in bilico tra ciò che è e ciò che può essere, dove nulla è definitivo poiché, per dirla con lo scienziato e filosofo francese Antoine-Laurent de Lavoisier, «nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma».

 

Metamorphoses. Chiara Crepaldi e Melania Toma
contributo critico di Domenico de Chirico e Flaminio Giardini

30 gennaio – 21 marzo 2025

ABC-ARTE ONE OF
via Santa Croce 21, 20122 Milano

Orari: da martedì a sabato 15.00/19.00 

Info: +39 02 89768094
info@abc-arte.com
https://www.abc-arte.com/