“L’EGO” di Matteo Negri a Genova

Luisa Castellini, Espoarte, Gennaio 22, 2013

Intervista a MATTEO NEGRI di Luisa Castellini

Ironico e tagliente è David Foster Wallace nel romanzo ‑ “Una cosa divertente che non farò mai più” ‑ evocato dal titolo della prima personale genovese di Matteo Negri da ABC Arte. Il riferimento ha messo in moto un’altrettanto tagliente bagarre locale. Qualcuno ha, infatti, collegato il suicidio per impiccagione dello scrittore alle installazioni urbane dell’artista, gli acrobatici “Nodi”, additati a quel punto, ça va sans dire, come irriverenti e coloratissimi cappi. Altro che nodi della nautica portati in Lego fuori scala. Può capitare anche questo, con l’arte contemporanea, lo sappiamo. Comunque un buon “la” per scoprire insieme a lui questa sua ultima mostra.

Ancor prima di aprire i battenti, la tua personale a Genova ha acceso una piccola bagarre in città per via delle tue installazioni pubbliche: ha avuto la fisionomia che attendevi?

L’esposizione in galleria come anche le installazioni in città sono figlie dello stesso progetto unitario. La dimensione pubblica dell’installazione urbana mette in moto dinamiche veloci di fruizione e rapporto tra opera 

e pubblico, spazio comune e operato dell’artista in esso. Sono persuaso che questo dibattito abbia accelerato una vorace curiosità per l’esposizione in galleria, come a cercare tasselli di un puzzle mancante, una terapia d’urto piacevole.

 

Come è strutturata la tua mostra da ABC ARTE?


Nella prima sala è proposta la foto di un’installazione di Mine in ceramica sopra un tavolo da biliardo, e di fianco alla foto, un “Crocus di Mine in ceramica rossa, appositamente realizzato per la mostra. La stanza successiva è uno stacco assoluto in cui si erge l’elicoide del DNA bianco, allestito con palloncini bianchi che ne continuano l’altezza fino al soffitto. Queste due stanze indicano l’inizio e lo sviluppo di quanto si vede nelle altre stanze della galleria: le opere a parete in Lego cromato ispirate alle armonie di Mondrian, i Nodi – già visti nelle piazze della città – e le mappe in resina, ispirate al lavoro di Boetti.

Mine in ceramica invetriata, grandi nodi in resina e ferro e, ancora, bronzo e materie plastiche, il tutto in guisa squisitamente pop: quale ruolo riveste nella tua ricerca la materia con la sua capacità di dissimularsi?


La ricerca e lo studio dei materiali sono la base di partenza per la realizzazione dei miei lavori. I materiali come i soggetti si rincorrono nel creare i miei lavori. Ogni materiale porta con sé la possibilità di scoperta. Sicuramente alcune opere nascono da un particolare materiale che sviluppo seguendo passo passo l’idea di partenza, ma spesso capita che sia il materiale stesso a guidarmi nella costruzione dell’opera. Il timbro che si rincorre in tutte le opere, siano esse Mine o Nodi, Mondrian o Mappe, è sicuramente la verniciatura finale che accarezza e avvolge tutte le superfici trasformandole definitivamente in altro.

Con i mattoncini danesi Lego, l’Ego si fa demiurgo, costruttore: senza spaziotempo specifico il gioco resterebbe tale per il bambino quanto per l’artista?


Diceva Francis Bacon «Vede, oggi l’arte è diventata un gioco con cui l’uomo di distrae; si può dire che sia sempre stato così, ma ora è interamente un gioco. Penso sia questo il modo con cui le cose sono cambiate, e ciò che trovo affascinante è che diventerà molto più dura per l’artista, perché egli deve veramente approfondire il gioco se vuole essere un bravo artista» (David Sylvester, “Interviste a Francis Bacon”, Skira: 1993).

I tuoi Lego fanno acrobazie: si contorcono e si ergono senza sforzo alcuno per poi stendersi e farsi pelle per mappe, ancora una volta, coloratissime: piccola e grande scala, reale o immaginifica, si compenetrano di continuo fino al climax dell’icona-DNA. Come si detona questo approdo?
Ho cercato di seguire la misteriosa bellezza e perfezione che il DNA porta con sé, cercando di bloccarlo in posa in un momento impossibile da vedere nella realtà, ma di totale equilibrio tra una forma che è e una che sarà. E nell’alveo di questo approccio alla scultura che nascono le mie opere.