Ad ArteFiera di Bologna molte gallerie italiane proponevano sul secondo mercato quadri di pittura analitica, una prassi che fa bene agli scambi, ma che irrita i pochi operatori impegnati da alcuni anni a rilanciare un comparto ancora sottostimato. Schiacciata tra l’Arte Povera e la Transavanguardia, la Pittura Analitica italiana degli anni ’70 ha faticato molto a mettersi in luce fin dalle prime battute, quando nel 1975 gli artisti Carlo Battaglia, Enzo Cacciola, Paolo Cotani, Giorgio Griffa, Carmengloria Morales, Claudio Verna e Gianfranco Zappettini vennero invitati alla mostra «Analytische Malerei» proposta da Klaus Honnef e Catherine Millet nelle due sedi della Galleria La Bertesca di Genova e Düsseldorf. Sono passati 40 anni e il loro fare pittura è ancora oggi un processo selettivo e rigoroso, libero da retoriche informali, accademismi astratti e dogmi minimalisti. Dall’uso del cemento (Cacciola) alle bende elastiche (Cotani), dalle tele grezze (Griffa) alle tessiture (Paolo Masi), dalle macchie (Marco Gastini) alle grammature di colore (Elio Marchegiani), il loro tratto unificante è il recupero di un segno mai narrativo, dove l’artista non impone la visione. Poco spettacolare per natura, amante del silenzio per vocazione, è stata riscoperta dalla critica soltanto nel 2007, con la mostra «Pittura analitica. I percorsi italiani. 1970-1980» alla Permanente di Milano. Da allora sono stati oltre 700 gli eventi, le mostre, i dibattiti e i saggi che hanno coinvolto questa corrente artistica e da un paio d’anni crescono anche i prezzi, contenuti oggi tra i 8.000 e i 50.000 euro in asta. In galleria, dove passa la prima scelta, i prezzi possono raddoppiare e i margini di crescita sono più ampi. Come è accaduto per l’opera «Superficie acrilica 332-74», dipinta da Zappettini nel 1974 e venduta da Mazzoleni Arte, proprio ad ArteFiera, per 70.000 €. «La Pittura Analitica è stata percepita come il naturale proseguimento dell’Arte programmata e il mercato se ne interessa soltanto adesso, dopo aver apprezzato appieno gli artisti degli anni ’60» dichiara Davide Mazzoleni che a fine aprile proporrà la prima mostra di Pittura Analitica in Inghilterra, nella sede londinese della Mazzoleni Art, con un focus sulle opere degli anni ’70 a cura di Alberto Fiz, mentre a maggio, nella galleria di Torino, saranno esposti i lavori più recenti dei pittori analitici ancora produttivi. I protagonisti di questo movimento non strutturato sono personalità autonome. Nati tra il 1929 e il 1945 non ebbero un critico-guru di riferimento, né visibilità nei musei d’Oltralpe, sebbene la maggior parte delle loro mostre si svolgessero in Germania, Francia, Inghilterra e Olanda, da «documenta 6» di Kassel (1977) alla mostra «Abstraction Analytique» di Parigi (1978). «Alcuni lavori di Pittura Analitica si trovano al Westfälischer Kunstverein di Münster, al Museum voor Hedendaagse Kunst di Utrecht e al Centre Pompidou di Parigi – precisa Mazzoleni–, mentre in Italia sono esposti al Museo del Novecento di Milano, al Mart di Rovereto, alla Gam di Torino e alla Gnam di Roma». Ciò nonostante, ancora negli anni ’90 le opere di Carlo Alfano, Marcello Camorani, Elio Marchegiani, Pino Pinelli, Marco Gastini, Claudio Verna, Riccardo Guarneri, Claudio Olivieri e Vincenzo Cecchini passavano raramente in asta e per cifre tra i 1.500 e i 7.000 € a tela. «Le cause di tutto ciò – commenta il gallerista Primo Marella che ad ArteFiera proponeva opere storiche di Marchegiani, Zappettini, Cotani e Pinelli – sono molteplici: eccesso di offerta, mancanza di un parametro unico ed affidabile dei prezzi, incertezza sull’autenticità delle opere e assenza di archivi per ogni artista». Il rilancio segue di qualche anno la costituzione, nel 2003, della Fondazione Zappettini, impegnata nel recupero storico-critico della Pittura Analitica, mentre Griffa diventa il portabandiera internazionale. Dal 2012, infatti, la galleria Kaplan di New York gestisce le sue opere e tira la volata a Gastini, Pinelli e Morales già scambiati all’estero
e le cui quotazioni si rivaluteranno nel medio periodo.